Depressione: significato
Nella clinica della nevrosi la depressione riveste un significato e indica una condizione soggettiva ben diversa dalla tristezza.
Dal punto di vista psicologico la tristezza non è un vissuto che ha necessariamente una rilevanza clinica come la depressione. La tristezza indica un abbassamento del tono dell’umore ed è una condizione emotiva che può derivare da un rapporto sintonico con sé stessi e con il mondo.
La tristezza è un’emozione spiacevole, ma di per sé non è patologica, anzi in alcuni casi è un prezioso indicatore delle capacità empatiche del soggetto. Grazie alla tristezza il soggetto può essere in contatto con i vissuti più intimi, suoi e degli altri.
Inoltre, la tristezza riguarda la capacità di saper sostare nell’esperienza della perdita. La tristezza è un’emozione che ci sta segnalando l’affacciarsi della perdita nella nostra esperienza. Qualcosa ci manca e possiamo sentirci tristi per questo, ma ciò non vuol dire che siamo o diventeremo depressi.
La tristezza non va confusa con la depressione che ha invece un significato clinico perché mostra un’alterazione del rapporto tra il soggetto e l’esperienza della perdita.
La valenza clinica della depressione deriva dal rapporto che il soggetto intrattiene con ciò o chi è stato perduto. Nella depressione il soggetto non porta a termine il lavoro del lutto.
Nel lavoro del lutto il soggetto compie ed elabora la dolorosa separazione da ciò che è stato irrimediabilmente perso.
Il soggetto depresso si oppone inconsciamente al lavoro del lutto e prova a mantenere ancora un rapporto con ciò o chi è stato perduto. Nella depressione la mancanza introdotta dalla perdita non viene assunta o accettata e il soggetto prova a resistere rimanendo ancorato all’oggetto perduto. La depressione ha allora il significato di un evitamento dei sentimenti dolorosi dovuti alla perdita.
La depressione è un’esperienza che assume un significato clinico perché il soggetto non vuole lasciare andare l’oggetto perduto.
Per essere più precisi, bisogna osservare che l’oggetto perduto lascia sempre una traccia nella memoria e nel vissuto emotivo del soggetto: chi ci lascia o chi perdiamo continua sempre a esistere nella nostra memoria o nel nostro cuore, ma non è questa la matrice clinica del significato della depressione. Nella depressione il soggetto in realtà non vuole rinunciare non all’oggetto perduto, ma al posto che occupava per chi ha perduto. Per esempio, quando si perde una persona amata si può sviluppare una depressione se non si accetta la perdita del posto che occupavamo per la persona amata. Ciò che ci manca nella depressione non è l’Altro, ma il posto relazionale che ci dava l’Altro. Nella depressione non è propriamente l’Altro che ci manca, ma chi eravamo per l’Altro.
Il soggetto depresso rimane allora ancorato al posto che non ha più per l’Altro. Non è dunque l’assenza dell’Altro, ma la perdita del posto che era concesso dall’Altro che affigge la persona depressa. Elaborare il lutto vorrebbe dire allora cambiare posizione soggettiva rispetto all’oggetto perduto, rinunciare al posto precedente per acconsentire alla comparsa di un nuovo orizzonte.