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La creatività è un'esperienza che può realizzarsi grazie a diversi stimoli e urgenze generative.

Il cervello in attività di default e la creatività

La creatività è un'esperienza che può realizzarsi grazie a diversi stimoli e urgenze generative, ma richiede anche uno sfondo emotivo di sicurezza.

Gli studi scientifici che provano a collegare i fenomeni osservati nella pratica clinica con i correlati neurobiologici mostrano che l’attività del cervello che viene svolta in modo automatico (default), senza una concentrazione attiva, costituisce la base per l’esperienza creativa perché consente uno stato mentale che è sganciato da una tensione intenzionale verso il raggiungimento di un obiettivo.

Gli esseri umani, e in particolar modo i bambini, hanno però bisogno di una condizione di sicurezza relazionale per potersi abbandonare a quel vissuto soggettivo in cui non hanno la necessità di essere attenti verso il raggiungimento di un obiettivo.

Si tratta di una condizione soggettiva in cui la mente può concedersi di vagare senza doversi preoccupare dell’adattamento alla realtà esterna. Nelle esperienze traumatiche lo stato di allerta che viene provocato non consente al soggetto di funzionare in attività di default e deve piuttosto mantenere un atteggiamento di difesa verso il mondo esterno e verso le emozioni intollerabili che possono essere evocate.

Nella clinica dello sciame borderline l’umore disforico, che può essere studiato sia a livello neurobiologico che a livello della percezione soggettiva, costituisce quindi quello sfondo di irrequietezza che preclude la possibilità di essere creativi.

La possibilità di essere creativi, e di generare la dimensione metaforica da cui prende avvio ogni discorso, può infatti realizzarsi quando una persona è a “riposo vigile”, in una condizione in cui può:

  • assaporare la sensazione di avere un senso di sé,
  • autopercepirsi senza doversi comprendere
  • e farsi “prendere” dai ricordi del passato o dalla visionarietà del futuro.

In uno stato di allerta invece prevale la necessità di un atteggiamento di difesa anziché la disponibilità a vivere quella condizione “estatica” di cui parlava anche lo psicoanalista Elvio Fachinelli.

Nella clinica borderline osserviamo che la disaggregazione traumatica dei significanti genera un senso di sé frammentato, fa ostacolo alla possibilità di riconnettersi a una trama di ricordi e distacca il soggetto dalla sensazione di sentirsi un soggetto incarnato.

 

Per approfondire “la fenomenologia clinica dei vissuti emotivi”:

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Nicolò Terminio, psicoterapeuta e dottore di ricerca, lavora come psicoanalista a Torino.
La pratica psicoanalitica di Nicolò è caratterizzata dal confronto costante con la ricerca scientifica più aggiornata.
Allo stesso tempo dedica una particolare attenzione alla dimensione creativa del soggetto.
I suoi ambiti clinici e di ricerca riguardano la cura dei nuovi sintomi (ansia, attacchi di panico e depressione; anoressia, bulimia e obesità; gioco d’azzardo patologico e nuove dipendenze) e in particolare la clinica borderline.

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