L'identificazione in psicoanalisi
In psicoanalisi il tema dell’identificazione chiama in causa diversi concetti che hanno come nucleo gravitazionale la domanda: “Chi sono?”.
La particolarità di questa domanda, se la si affronta considerando il processo dell’identificazione, scaturisce dalla necessità di pensare il modo in cui la relazione con l’Altro lascia una traccia nel soggetto: quanto l’impronta dell’Altro contribuisce alla risposta che il soggetto può dare alla domanda “Chi sono?”.
Inoltre, se pensiamo al corso di una cura psicoanalitica la questione del “Chi sono” si trasforma anche in un’altra serie di domande: “Chi voglio diventare?”, “Chi posso diventare?”, “Qual è la verità che bussa alle porte della mia esperienza attraverso il sintomo?”.
Cosa sono le identificazioni?
In generale in psicoanalisi l’identificazione viene intesa come un processo inconscio che struttura l’Io e le altre istanze psichiche. Nel processo dell’identificazione entrano in gioco diversi meccanismi che partecipano alla formazione del Sé e all’organizzazione dell’esperienza soggettiva attraverso la relazione con l’Altro.
Spesso in ambito psicoanalitico extra-lacaniano l’Altro con la maiuscola viene indicato con il termine “oggetto”. Bisogna considerare la distinzione terminologica tra la relazione con l’Altro e quello che nell’ampio panorama della psicoanalisi classica e contemporanea viene indicato come la relazione d’oggetto. Le ragioni per cui l’Altro inteso come alterità radicale venga indicato con il termine oggetto sono diverse e complesse, ma non sarà questo il punto su cui focalizzeremo la nostra attenzione.
Identificazione e narcisismo
Freud parla del concetto di identificazione primaria indicando la forma più primitiva di legame affettivo con l’oggetto, una forma di legame che precede ogni differenziazione tra l’Io e l’oggetto. L’identificazione primaria dipende dall’incorporazione orale dell’oggetto e fa riferimento al narcisismo primario. Secondo Freud è soltanto con l’identificazione secondaria che avviene una differenziazione tra l’Io e l’oggetto, una differenziazione che sarà il presupposto per il passaggio alle identificazioni più mature che creeranno i presupposti per l’apprendimento, la sublimazione, la creatività e anche per il pensiero della veglia e del sogno.
Interiorizzazione ed esteriorizzazione
In uno studio dedicato all’identificazione Grinberg (Teoria dell’identificazione, 1976) distingue le identificazioni in due grandi categorie: quelle che derivano dai meccanismi di interiorizzazione e tra queste include l’incorporazione, l’assimilazione, l’imitazione, l’introiezione e l’identificazione introiettiva, e quelle che invece utilizzano meccanismi di esteriorizzazione tra cui troviamo la scorporazione, l’estroiezione, la proiezione, l’identificazione proiettiva e l’identificazione imitativa o adesiva. Grinberg ritiene “che il termine ‘identificazione’ nella sua accezione più ampia debba comprendere l’insieme dei meccanismi delle funzioni da cui risulta l’attivo processo strutturante che avviene nell’Io, sulla base della selezione, dell’inclusione e dell’eliminazione di elementi provenienti dagli oggetti esterni e/o interni che formeranno le componenti che ampliano la struttura rudimentale dell’Io fin dai primi istanti della vita” (Grinberg 1976, p. 8). Secondo Grinberg non si tratta di un fenomeno unico ma di un processo in cui si intrecciano i meccanismi dell’interiorizzazione e quelli dell’esteriorizzazione. Questo processo attiva una dimensione emotiva estremamente significativa che è in grado di produrre delle modificazioni che riguardano la condotta del soggetto fino al punto da aumentare la somiglianza con un oggetto che viene preso come modello.
L’identificazione può essere totale o parziale con l’oggetto che viene considerato e si verifica generalmente nella prima infanzia e tende a riproporsi come meccanismo di relazione con gli altri anche nei periodi successivi. Ad ogni modo si tratta sempre di un processo che inconscio, sebbene possa essere strettamente legato all’imitazione. Per tal ragione l’identificazione ha delle connessioni con le forme di apprendimento che derivano dal meccanismo dell’imitazione.
Identificazione e scelta d’oggetto
Quando Freud sottolinea che l’identificazione è una forma primitiva di vincolo affettivo con un oggetto precisa anche che è importante distinguere l’identificazione dalla scelta dell’oggetto. È una differenza che fa emergere una diversa posizione del soggetto rispetto all’Altro: se un bambino si identifica con suo padre vuole essere come suo padre, ma se lo trasforma nell’oggetto della sua scelta desidera possedere suo padre. In alcune situazioni la scelta dell’oggetto può regredire verso l’identificazione: in questi casi per compensare la perdita dell’oggetto amato il soggetto si identifica regressivamente con esso.
Nel corso i suoi studi Freud darà sempre più importanza all’identificazione fino al punto di considerarla come uno degli effetti del complesso di Edipo. Il padre e la madre vengono considerati contemporaneamente come oggetti di amore e di rivalità e probabilmente questo tipo di ambivalenza costituisce la base di ogni forma di identificazione.
Nell’Enciclopedia di psicoanalisi (1967) Laplanche e Pontalis accennano a una forma di identificazione “eteropatica e centripeta” nella quale il soggetto si identifica con un’altra persona e una identificazione “idiopatica e centrifuga” in cui il soggetto identifica un’altra persona con sé stesso. A queste due forme di identificazione si aggiungono le identificazioni “reciproche” fra individui che possiamo osservare all’interno dei gruppi.
Identificazione e rimaneggiamento simbolico
In una serie di lezioni lo psicoanalista Jean-Paul Hiltenbrand definisce un primo livello dell’identificazione come “assimilazione psichica di qualcosa da un altro” (J.-P. Hiltenbrand, Transfert, oggetto a, identificazione, 2013, p. 143) e aggiunge che in campo psicoanalitico l’identificazione viene considerata come “un acting out senza parole” (Ivi, p. 143).
Hiltenbrand pur essendo uno psicoanalista inizia ad affrontare il tema delle identificazione prendendo spunto da alcune ricerche neurobiologiche che parlano del rapporto tra l’emisfero destro e l’emisfero sinistro, che viene considerato la sede dell’elaborazione culturale di ciò che l’emisfero destro propone come percezione e ricezione di un continuo flusso di sensazioni. L’emisfero sinistro quindi, facendo riferimento a degli elementi simbolici trasmessi attraverso la cultura, rimaneggia costantemente gli stimoli che giungono dall’attività percettiva e recettiva dell’emisfero destro. L’identificazione si configura come un processo che è senza sosta e che consiste nel rimaneggiamento di qualcosa che incessantemente chiede di essere accolto dalla dimensione simbolica e dalla tradizione culturale.
Identificazione e riconoscimento
Un altro aspetto dell’identificazione riguarda l’individualismo e l’autonomia del soggetto che sono promossi dal discorso sociale contemporaneo. Nonostante ciò, non si può non osservare che la presunta autoconsistenza identificatoria del soggetto non esiste perché il discorso sociale collega sempre il valore di sé all’esigenza di essere riconosciuti dagli altri.
Hiltenbrand individua anche un altro deficit nei sistemi simbolici tradizionali quando sottolinea che una volta un bambino nasceva e veniva identificato attraverso la sua iscrizione in una discendenza, invece adesso ciò che fa rottura rispetto al sistema della discendenza intergenerazionale è il contesto relazionale affettivo da cui discende l’esistenza del bambino, cioè un bambino viene considerato come il prodotto di una relazione affettiva tra i genitori ed è attraverso questa relazione affettiva che può essere ricercata la sua iscrizione nel campo dell’Altro. A tal proposito Hiltenbrand si chiede se l’affetto possa costituire un vincolo nel processo di iscrizione dell’identità del soggetto.
Identificazione e fenomeni immaginari
Hiltenbrand collega l’identificazione anche al narcisismo, infatti la stima di sé è collegata ad alcuni criteri di valore che dipendono dall’iscrizione del soggetto in un campo di riferimenti esterni.
Il primo riferimento narcisistico è ovviamente l’immagine dello specchio, che nell’insegnamento di Lacan si configura come la prima forma che istituisce una referenza identificatoria per il soggetto. In questo caso il narcisismo si presenta come un’esperienza fondamentale perché svolge la funzione di costituzione immaginaria dell’Io.
L’identificazione, se seguiamo il fenomeno del narcisismo, è anche collegata allo slancio dell’innamoramento, se intendiamo l’innamoramento come una forma di passionalità immaginaria per l’altro speculare al soggetto.
Ma l’altro non è soltanto l’altro con la minuscola, cioè il doppione simmetrico-narcisistico che si ritrova nello specchio, esiste anche l’Altro con la maiuscola e in tal caso la dimensione immaginaria trova un’occasione per diventare più complessa perché viene introdotta una dialettica simbolica tra il soggetto e l’Altro.