La divisione del soggetto
In un percorso psicoanalitico il soggetto sembra muoversi sul crinale tra significante e significato, perlomeno fino a quando non inciamperà nell'esperienza del Reale.
Nella prima fase dell’insegnamento di Lacan la parola sembra restituire al soggetto il senso della sua esperienza: la relazione con l’Altro del linguaggio può ricongiungere il soggetto a quel capitolo che era rimasto censurato nell’inconscio. Nelle successive scansioni del percorso di Lacan però il luogo del soggetto viene diviso e separato dalla possibilità di realizzarsi in modo esaustivo nella parola.
La funzione della parola viene marcata da una frattura interna, da un’impossibilità strutturale (e non accidentale) che determina una discrepanza irriducibile tra il piano dell’esistenza e il piano dell’enunciato, tra l’essere e il dire.
Indice
Significante e significato
Con l’accentuazione del binario significante-significato – che trova il suo culmine nel testo l’Istanza della lettera – il piano dell’enunciato non coincide più con il piano dell’enunciazione.
L’enunciazione si configura semmai come un resto irriducibile al potere rappresentativo dell’enunciato. È a tal proposito che Lacan descrive «uno scivolamento incessante del significato sotto il significante» (Lacan, L’istanza della lettera nell’inconscio o la ragione dopo Freud, 1957, p. 497).
La concezione del segno linguistico di Lacan risente in particolare dell’influenza di Saussure, Jakobson e Trubeckoj, dei quali sviluppa, in modo originale, la tesi della separazione – ovvero del nesso arbitrario – tra significante e significato:
il significante, cioè l’immagine grafica o il suono di una parola, è in rapporto con il significato solo per il principio di arbitrarietà.
Saussure aveva proposto una rappresentazione grafica del segno linguistico come rapporto tra significato (s) e significante (S): s/S.
Lacan rovescia lo schema di Saussure dando priorità assoluta al significante, poiché questo precede la costituzione del significato: S/s.
Nella costituzione dell’enunciato ogni singolo elemento è composto da un insieme di lettere che, considerate singolarmente, non hanno alcun significato.
I significanti possono assumere un significato solo nel loro concatenarsi.
La teorizzazione di Lacan dell’algoritmo saussuriano rovescia e stravolge la concezione del segno di Saussure: oltre a rovesciarne i termini, ponendo il significante sopra il significato (S/s), marca infatti la barra di separazione dei due, per cui il significante non potrà mai coincidere con il significato.
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Il significante, in quanto segno linguistico, differisce dal «segnale» e non corrisponde mai in modo univoco al significato (polisemia del significante).
Dalla non coincidenza tra significante e significato scaturisce la presenza di un «resto» che rimane insaturo rispetto al potere rappresentativo del significante.
Si tratta di quell’al di là del senso che ci consente di osservare la «significazione» particolare che ricevono certe frasi o eventi relazionali. Lo stesso evento può avere effetti e risonanze opposte in soggetti diversi.
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Oltre ai detti, osserviamo il dire del soggetto, l’«enunciazione» a cui rimandano i suoi «enunciati».
Il soggetto dell’enunciazione (le je) non è il soggetto padrone del senso (le moi), appare semmai nel margine di non coincidenza tra significante e significato.
Sebbene il significato sia effetto del significante, non cessa di sottrarsi alla sua presa. C’è sempre uno slittamento del senso che consente a ogni enunciato di caricarsi di una significazione peculiare.
L’enunciazione è la tensione che proietta il dire oltre gli enunciati.
Le parole che il soggetto pronuncia sono pronte a caricarsi di una significazione che, nonostante sia effetto della serie dei significanti, non può compiersi del tutto nel registro del significante.
La catena significante è concepibile come una trama sintattica che dà un ordine formale a dei simboli senza riguardo per il loro significato: «il significante per sua natura anticipa sempre il senso, dispiegando in qualche modo davanti ad esso la sua dimensione» (Lacan, L’istanza della lettera nell’inconscio o la ragione dopo Freud, 1957, p. 497).
L’apparente non-senso espresso da un lapsus può infatti originarsi perché c’è un piano sintattico che sovradetermina la manifestazione semantica di un enunciato.
Chi è il soggetto del lapsus? Non è il soggetto che sa ciò che vuole dire, c’è un’intenzione a dire (enunciazione) che supera il soggetto padrone del senso.
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Spostandoci su un versante più clinico possiamo chiederci: chi è il soggetto di un pensiero tormentoso che ostacola un paziente nel raggiungimento dei suoi obiettivi e che si fa ancora più forte proprio quando più si avvicina ad essi?
La psicoanalisi ritiene che tali manifestazioni sintomatiche non siano frutto di un disfunzionamento neurocognitivo, ma siano piuttosto l’indice di una divisione soggettiva che separa il sapere che un soggetto ha su di sé dalla sua verità.
Lacan parla della «divisione del soggetto, come divisione fra il sapere e la verità» (Lacan, La scienza e la verità, 1965, p. 860).
Ecco come la barra che separa significante e significato (S/s), rendendo quest’ultimo inassimilabile al primo, ricade sullo statuto del soggetto.
Il soggetto da un lato nasce ed è rappresentato dall’effetto del significante ma dall’altro non trova mai la sua coincidenza nel significante che lo rappresenta.
Il significante rappresenta il soggetto per un altro significante.
Il soggetto si manifesta dunque come effetto dell’articolazione significante. Il soggetto non può realizzare il suo essere sul piano dell’enunciato e rimane piuttosto come un effetto d’enunciazione.
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Si situa qui lo statuto del soggetto barrato, del soggetto diviso tra la funzione di essere rappresentato dal significante e quella di non poter essere rappresentato dal significante.
L’enunciazione, che può scaturire dall’articolazione dei significanti, è un aspetto costitutivo dell’essere parlante e si tratta di un effetto che dipende dal fatto stesso di parlare.
In un'analisi il piano dell’enunciazione viene esplorato mediante l’«associazione libera da rappresentazioni finalizzate»: il paziente parla liberamente senza pensare al fatto che ciò che dice sia coerente, logico o sensato (Freud, L’interpretazione dei sogni, 1899, p. 484).
Il principio che sta alla base del dispositivo analitico si fonda sulla formula seguente: «quel che tu dici va al di là di quel che tu sai» (Miller, Corso «L’esperienza del reale nella cura analitica», 1998-1999).
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