
Esperienza della lalangue e processo della mentalizzazione
Possiamo collegare la mentalizzazione alla prospettiva linguistica degli speech acts che sono stati concettualizzati da Austin.
[Cfr. J.L. Austin (1975), “Come agire con le parole. Tre aspetti dell’atto linguistico”, in M. Sbisà (a cura), Gli atti linguistici. Aspetti e problemi di filosofia del linguaggio, Feltrinelli, Milano 1978, pp. 61-80].
In diversi passaggi del libro Il desiderio di essere capiti Antonello Colli rimanda all’intreccio tra dimensione semantica e pragmatica del linguaggio, sottolineando la differenza tra ciò che viene detto e ciò che si intende dire. Inoltre, in riferimento alla qualità della relazione terapeutica Colli riprende implicitamente anche i principi cooperazionali e le implicature conversazionali di Grice.
[P.H. Grice (1975) “Logica e conversazione”, in M. Sbisà (a cura), Gli atti linguistici. Aspetti e problemi di filosofia del linguaggio, Feltrinelli, Milano 1978, pp. 199-219].
Questi riferimenti ci permettono di cogliere quanto la dimensione dell’atto linguistico sia alla base della mentalizzazione.
Ovviamente, tenendo in considerazione la cura psicoanalitica, l’atto linguistico non può essere considerato soltanto come una concatenazione di significanti, ma va anche concepito come una possibilità espressiva che si basa sull’esperienza relazionale della lalangue.
La sintonizzazione delle rispettive vibrazioni della lalangue avviene non solo grazie alle opportunità simboliche offerte dalle interpretazioni delle intenzioni. Si tratta di una sintonizzazione che si fonda innanzitutto su un atto di fiducia, infatti si realizza solo se il soggetto compie una scelta-atto che non può trovare alcuna garanzia esterna. Allo stesso tempo però va notato che questo atto di fiducia non nasce dal niente perché dipende notevolmente dal campo relazionale costruito dal discorso.
La lalangue apre a un’intesa intersoggettiva che va al di là della comprensione del significato delle rispettive intenzioni e, allo stesso tempo, costruisce la base relazionale per intendersi attraverso il processo della mentalizzazione.
L’esperienza della lalangue non è soltanto situata dopo le colonne d’Ercole del linguaggio, ma è anche il punto di partenza di ogni relazione intersoggettiva e consente di realizzare il desiderio di essere capiti.
La connessione intersoggettiva e la fiducia relazionale generate dalla sintonizzazione della lalanguerisultano decisive non solo per andare oltre l’orizzonte di comprensione tracciato dalla mentalizzazione, ma anche per avviare la stessa esperienza della mentalizzazione.
Viene allora da chiedersi se sia la fiducia generata dalla sintonizzazione delle rispettive esperienze della lalangue la base della mentalizzazione o se siano invece i processi inferenziali che caratterizzano la mentalizzazione il presupposto della modalità relazionale we-mode. Possiamo infatti domandarci quanto ci sia di corporeo e affettivo e quanto di inferenziale nella mentalizzazione: la connessione emotiva-affettiva della lalangue è il presupposto della mentalizzazione? L’esperienza della lalangue è il presupposto emotivo e relazionale da cui prende avvio il processo della mentalizzazione? E allo stesso tempo: quanto la mentalizzazione condiziona il destino simbolico-relazionale della lalangue?
Tutte queste le domande affiorano inevitabilmente nel momento in cui ci confrontiamo con le vibrazioni emotive che caratterizzano l’incontro con i pazienti borderline, pazienti che vivono la drammatica disconnessione tra sciame e discorso, tra lalangue e linguaggio, senza potersi appoggiare a un processo dialettico in grado di aprire un orizzonte più creativo e meno ripetitivo.