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Lalangue Seminario XX di Jacques Lacan

Lalangue e il sapere inconscio

Cos’è lalangue? Jacques Lacan lo illustra mirabilmente nell’ultima lezione del Seminario XX.

In questa lezione Lacan cambia registro e si lascia andare a uno stile che potremmo definire diacronico, perché mette in movimento la sincronia degli schemi e delle tavole con cui intendeva raffigurare la complessità della dinamica dell’inconscio.

 

Godimento, amore e sapere

Lacan riprende una delle frasi da cui era partito e che hanno scandito il Seminario: “il godimento dell’Altro non è il segno dell’amore”.  Lacan vuole sottolineare che, sebbene abbia parlato a lungo dell’amore, il punto cardine, la chiave di quanto ha proposto durante l’anno, riguarda il sapere. E pone in evidenza quanto l’esercizio del sapere sia intrecciato con la dimensione del godimento.

Lacan afferma che il sapere di cui si tratta è un enigma e questo enigma ci viene reso presente dall’inconscio quale si è rivelato attraverso il discorso analitico. E aggiunge: “per l’essere parlante il sapere è ciò che si articola”.

Nel corso del suo seminario Lacan non ha fatto altro che tracciare le vie del sapere, cercando di articolare delle cose e incentrarle sull’essere.

Lacan riprende uno dei suoi simboli e utilizza l’S2 per indicare il sapere. A questo riguardo Lacan fa risaltare l’omonimia tra S2 e “è di loro” (in francese Es deux è omofono di est-ce d’eux) ponendo un interrogativo: questo S2 “è proprio di loro che parla?”. Parte da qui per illustrare la differenza tra il linguaggio e la lalangue.

 

Linguaggio e lalangue

Lacan dice che il linguaggio serve per la comunicazione e interrogandosi su quali loro, su quali due siano coinvolti nella comunicazione, sottolinea che la comunicazione implica la referenza. E poi Lacan fa un salto in avanti dicendo che il linguaggio non è altro ciò che il discorso scientifico elabora per rendere conto di quella che chiama la lalangue. E lalangue serve a tutt’altro che alla comunicazione.

Ecco cosa mostra l’inconscio, l’inconscio che è fatto di lalangue. Lacan scrive in una parola sola lalangue “per designare ciò che per ciascuno è affar suo” e ricorda che lalangue, non a caso, è materna.

Lacan aggiunge in maniera rapida, ma ciò deve farci riflettere molto, che se la comunicazione si avvicina a ciò che si svolge effettivamente nel godimento della lalangue è perché come lalangue “implica la replica”. E la replica a livello della comunicazione si chiama dialogo. Ma lalangue non serve al dialogo, sottolinea Lacan.

A questo proposito Lacan fa un giro particolare in cui riprende il libro Verso un’ecologia della mente di Gregory Bateson e dice che i “metaloghi” proposti da Bateson, sebbene siano molto interessanti, sono radicalmente diversi da quello che avviene a livello della lalangue.

I metaloghi comportano un certo progresso interno scandito dalla dialettica e prendono forma interrogando l’evoluzione del senso di un termine. I metaloghi rientrano all’interno della cornice del dialogo perché in ogni dialogo “si tratta di far dire al presunto interlocutore ciò che motiva la domanda del locutore, vale a dire di incarnare nell’altro la risposta che c’è già”. In questo campo il lascito più importante della tradizione occidentale è costituito dai dialoghi di Platone, che da questo punto di vista – come suggerisce Lacan – dimostrano in realtà di non essere un dialogo.

 

Affetti enigmatici

Subito dopo queste osservazioni troviamo un passaggio fondamentale che ci aiuta a riprendere la questione dell’inesistenza del rapporto sessuale. Lacan dice che “il linguaggio è ciò in guisa del quale è strutturato l’inconscio, è esattamente perché il linguaggio, innanzitutto, non esiste. Il linguaggio è quel che si cerca di sapere circa la funzione di lalingua”.

Lacan aggiunge che l’inconscio è la testimonianza di un sapere che in buona parte sfugge all’essere parlante. E l’essere parlante ci offre l’occasione per accorgerci fin dove arrivano gli effetti di lalangue presentando ogni sorta di affetti che restano enigmatici.

Secondo Lacan ci sono dunque degli affetti che risultano enigmatici e che sono effetto della lalangue.

Ora, lalangue è un sapere che articola cose che vanno ben oltre quello che l’essere parlante è in grado di formulare come sapere enunciato. Vediamo dunque che lalangue è un sapere dell’essere parlante che sfugge alla possibilità di quanto questo essere possa saper enunciare. Dunque, gli effetti della lalangue producono ogni sorta di affetti che restano enigmatici a partire da un sapere che non può essere enunciato.

Mentre qualche momento prima Lacan diceva che il linguaggio non esiste, poi aggiunge che il linguaggio è costituito dalla lalangue. “Il linguaggio è un elucubrazione di sapere sulla lalangue” e l’inconscio, che è fatto di lalangue, si configura come un sapere che consiste in un saper fare con lalangue.

Passiamo quindi dall’impossibilità del dire alla possibilità di saperci fare.

Lacan sottolinea che quel che si sa fare con lalangue supera di gran lunga ciò di cui si può render conto a titolo di linguaggio. Questo è un aspetto molto importante perché Lacan ci fa notare che gli affetti enigmatici della lalangue non sono effetto della catena significante, ma di un S2 differente che è situato a livello del Reale. S2 è infatti relativo al godimento della lalangue.

Lalangue è un sapere che non può essere enunciato, né può essere decifrato attraverso l’inconscio strutturato come un linguaggio.

Gli effetti della lalangue sono già depositati come sapere e vanno ben oltre tutto ciò che l’essere parlante ha la possibilità di enunciare. Potremmo dire che, se il linguaggio sta sul piano degli enunciati, lalangue sta sul piano dell’enunciazione.

Lacan distingue dunque lalangue dall’inconscio che è strutturato come un linguaggio e che si fa supporto dell’attività di decifrazione. È il linguaggio che si sostiene sulla lalangue e lalangue permette di porsi un nuovo interrogativo sul sapere. A questo proposito Lacan riprende l’omofonia tra S2 e “è di loro” continuando a chiedersi se è proprio di loro che si tratta nel linguaggio. Vediamo qui l’intima alterità della lalangue, una dimensione dell’alterità che era già insita nel momento in cui Lacan aveva affermato che lalangue è materna.

Lalangue va oltre ciò che si ha la possibilità di enunciare.

E allora come possiamo sapere alcunché di questo tipo di esperienza? Ed è di loro che parla? È qui il perno della questione sul sapere che Lacan si pone in quest’ultima lezione del Seminario XX.

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Per qualche spunto in più guarda questo video sullo sciame borderline.

 

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Per approfondire, tra i libri di Nicolò Terminio, si rimanda a Lo sciame borderline. Trauma, disforia e dissociazione, pref. di M. Recalcati, Raffaello Cortina editore, Milano 2024. 

 

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Nicolò Terminio, psicoterapeuta e dottore di ricerca, lavora come psicoanalista a Torino.
La pratica psicoanalitica di Nicolò è caratterizzata dal confronto costante con la ricerca scientifica più aggiornata.
Allo stesso tempo dedica una particolare attenzione alla dimensione creativa del soggetto.
I suoi ambiti clinici e di ricerca riguardano la cura dei nuovi sintomi (ansia, attacchi di panico e depressione; anoressia, bulimia e obesità; gioco d’azzardo patologico e nuove dipendenze) e in particolare la clinica borderline.

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