Interpretazione e relazione terapeutica
Nella clinica del vuoto il trattamento della famiglia si configura come una modalità di trattamento dell’Altro del soggetto.
Se nei sintomi freudiani la relazione con l’Altro è il campo magnetico inconscio che orienta il discorso del soggetto, nella clinica del vuoto invece l’Altro può non essere strutturato come un campo organizzato oppure può essere caratterizzato dalla forclusione del significante del Nome del Padre, che in ambito lacaniano costituisce quel significante Terzo che regola il rapporto tra il soggetto e l’Altro.
La rettifica dell’Altro che può essere tentata con il trattamento della famiglia avrà allora come scopo quello di avviare una strutturazione del campo dell’Altro (clinica borderline) oppure quello di introdurre un Terzo tra il soggetto e l’Altro (clinica della psicosi).
Indice
Il trattamento dell'Altro
Cosa vuol dire trattamento dell'Altro in termini operativi? Possiamo intuirlo immaginando che nella clinica borderline dovremo connettere i frammenti disorganizzati della storia familiare del soggetto, frammenti che fin quando rimangono disconnessi non permettono l’avvio di un discorso soggettivo. In questo caso il coinvolgimento dei familiari in una narrazione condivisa, soprattutto in adolescenza, è un passaggio preliminare indispensabile per restituire “evidenza naturale” a dei contenuti mentali che erano in sospeso tra fantasia e realtà, non erano cioè né fantasia né realtà.
Nella clinica della psicosi dovremo far presente la necessità di un Terzo che regoli l’intrusività dell’Altro nella vita del soggetto. Nel nostro lavoro clinico potremmo ritrovarci a dover suggerire/proibire a una madre di fare ancora la doccia al figlio ormai ventitreenne.
Per qualche spunto in più su borderline, psicosi e nevrosi guarda questo intervento su Essere soli, ma non senza l'Altro:
Una dimensione che ci consente di distinguere la clinica della nevrosi dalla clinica del vuoto riguarda l’intervento terapeutico. La clinica freudiana è una clinica sensibile all’interpretazione. Dal punto di vista lacaniano sappiamo che l’interpretazione ha due versanti: punteggiatura e taglio.
L’interpretazione come punteggiatura riguarda quella serie di interventi che provano ad aprire i significati possibili delle parole del paziente (come se chiedessimo al paziente di dirci qualcosa in più su ciò che ha detto).
Nella punteggiatura c’è un’allargamento del campo semantico e si tratta di un intervento sul testo, sulla trama, sul discorso del paziente.
In questo primo versante dell’interpretazione cerchiamo di far produrre al testo del paziente qualcosa che può ancora dire. Nella punteggiatura basiamo sul presupposto che sul piano simbolico l’inconscio è un sapere che non si sa di sapere e allora le associazioni libere possono portarci dove non avremmo mai immaginato.
L’interpretazione come taglio punta invece a condurre il paziente di fronte all’opacità asemantica del suo discorso. Il sapere dell’inconscio non è mai del tutto colonizzabile attraverso la produzione di senso.
Il silenzio dell’analista è tendenzialmente finalizzato a far emergere questa dimensione fuori senso, ma è importante non dimenticare che si tratta di un fuori senso che emerge come il resto asemantico di un discorso. Senza un testo da punteggiare non c’è possibilità di esercitare alcun taglio interpretativo.
Interpretazione e partecipazione
L’interpretazione come taglio è un tipo di intervento che vuole confrontare il soggetto con il fatto che ci sono esperienze che invece di essere capite, vanno vissute.
La parola e il senso sono come una zattera che serve a portare il soggetto da una riva all’altra riva, ed è importate sperimentare che per arrivare sull’altra riva bisogna scendere dalla zattera del senso.
La punteggiatura e il taglio presuppongono una zattera, un testo di partenza, ma nella clinica del vuoto è proprio il testo ad essere frammentato o forcluso sul piano della significazione. Nella cura dei nuovi sintomi l’obiettivo è costruire una trama simbolica, quindi prima ancora che di punteggiatura o taglio si tratterà di avviare la costruzione del testo.
Nella rettifica dell’Altro il desiderio dell’analista trova una sua traduzione pratica nel lavoro di costruzione della trama dell’Altro. E si tratta di una costruzione che non implica soltanto una connessione simbolica dei frammenti di vita del paziente.
La rettifica dell’Altro – come precisa Recalcati – consiste innanzitutto nel dare la possibilità al soggetto di incontrare l’analista come un nuovo Altro che finalmente possa mitigare o trasformare l’insensatezza o la caoticità del primo Altro.
Per qualche spunto in più guarda questo video su clinica del vuoto e trattamento della famiglia:
Anche nella clinica del vuoto per l’analista si tratterà di dare atto e testimonianza di un desiderio senza domanda, di una presenza sensibile alla singolarità del soggetto che non lo rende ostaggio della sua domanda. Trattare il paziente come un soggetto, ma senza assoggettarlo a una domanda. Dal punto di vista etico il desiderio dell’analista è sempre un desiderio senza domanda, ma a livello pragmatico cambia radicalmente la modalità di intervento e il tipo di partecipazione al discorso del paziente.