La posta in gioco della cura psichica
La psicoanalisi lacaniana è una delle terapie psicodinamiche. Nella prospettiva psicoanalitica il sintomo è innanzitutto il frutto di una storia. I sintomi non sono disturbi da aggiustare o da eliminare, sono semmai degli indicatori preziosi per scoprire la dimensione più intima e soggettiva dei pazienti.
I sintomi - come per esempio l'anoressia e la bulimia - ci parlano di un mondo che ha fatto fatica a esprimersi e che ha trovato sbocco solo attraverso una forma psico-pato-logica.
In una cura si tratterà di capire in che modo il sintomo sia il condensato da un lato del mondo relazionale del paziente e dall’altro delle sue modalità di soddisfazione. E inoltre va anche considerato il modo in cui ciascun soggetto, attraverso il sintomo, ha messo (e continua a mettere) in gioco la propria soddisfazione nella relazione con gli altri.
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Durante una psicoterapia l’esperienza del tempo vissuto si snoda lungo due direzioni: memoria e avvenire. La questione soggettiva attorno a cui ruota il lavoro psicoterapeutico riguarda in primo luogo il modo in cui può realizzarsi il rapporto tra appartenenza e separazione dalla propria storia. L’obiettivo terapeutico diventa quindi quello di agganciarsi al passato per potersi proiettare verso il futuro.
Nella cura fenomenologico-dinamica il gesto decisivo per sostenere la trasformazione soggettiva non consiste nel padroneggiare le conoscenze o i dispositivi che assoggettano la nostra vita. Le crepe del nostro sapere e la vulnerabilità della nostra esistenza ci presentano un’occasione diversa che è data dal tempo della trascendenza.
Nel movimento della trascendenza (o, in termini psicoanalitici, della soggettivazione) si apre la possibilità di prendersi cura delle proprie crepe senza più considerarle come ferite perché in realtà esse non sono lo strappo della trama con cui ci proteggiamo ma il punto privilegiato da cui poter accedere a quella luce o quelle tenebre che ci avevano spinto a costruire quella stessa trama che dà corpo alla nostra identità narrativa.
Ecco perché l’approccio fenomenologico-dinamico ci permette di cogliere la posta in gioco di ogni cura psichica, che come suggeriva lo psicoanalista Aldo Carotenuto in Una lettera aperta a un apprendista stregone (1998) consiste nel trasformare le proprie ferite in feritoie.
Dal punto di vista clinico possiamo interpretare i problemi o i sintomi come alterazioni del processo creativo. Possiamo pensare i disturbi mentali come una cristallizzazione o come una frantumazione dell’esperienza della generatività. Come ha anche sottolineato lo psicoanalista Wilfred Bion gli esseri umani vivono la creatività con molta paura e trepidazione, evitando di mettere in gioco quella parte emotiva e affettiva che può far emergere una dimensione Reale dell’esistenza che appare ingovernabile, catastrofica e senza alcuna garanzia.
La particolarità del modello della generatività consiste nel pensare il lavoro con il singolo soggetto aprendo il lavoro terapeutico al campo familiare. Si tratta di un modello che presuppone una variabilità del setting di intervento. L’intervento clinico “con” e “sulla” rete dei legami familiari è infatti un’occasione per evidenziare ciò che appartiene alle vicissitudini dello scambio generazionale, distinguendo però la ricezione soggettiva che ciascun paziente fa della propria eredità “famigliare”.
Per approfondire questi temi, tra i libri di di Nicolò Terminio, si veda A ciascuno la sua relazione. Psicoanalisi e fenomenologia nella pratica clinica (2019).