Amore e vita istituzionale: brevi note sul libro "Il vuoto e il fuoco" di Recalcati
Nel libro Il vuoto e il fuoco Massimo Recalcati espone una teoria sintetica della clinica psicoanalitica delle organizzazioni.
Recalcati parte dalle sue esperienze professionali maturate nel lavoro nelle istituzioni, non solo nelle istituzioni che ha fondato e contribuito a fondare, ma anche in organizzazioni di diversa natura come scuole, ospedali e aziende.
Il vuoto centrale e il fuoco del desiderio
Recalcati propone un modello di lettura della vita delle organizzazioni valorizzando la dimensione dell’inconscio come elemento fondamentale e fondante.
Recalcati si chiede quando un’istituzione si ammala e quando invece respira bene ed è generativa, quando la forza propulsiva del desiderio permette di superare la dispersione o l’accentramento padronale della vita istituzionale.
Partendo dalla teoria dei codici affettivi di Franco Fornari, dalla teoria dei discorsi di Jacques Lacan e transitando anche attraverso il pensiero di Wilfred Bion, Recalcati propone di superare la visione dell’istituzione intesa come freno della spinta pulsionale.
È vero che la forza della pulsione senza l’istituzione tende ad assumere una dimensione psicotica o perversa, puntando a un assoluto della vita che realizza una spinta autodistruttiva, ma allo stesso tempo l’istituzione senza la spinta vitale della pulsione tende a configurarsi come un luogo dove contano soprattutto le logiche di potere che alimentano il consolidamento di ciò che è stato a discapito di ciò che può ancora avvenire.
Nella prospettiva recalcatiana il desiderio è il fattore che consente di evitare la polarizzazione della vita istituzionale verso la dispersione confusiva della pulsione o verso l’irrigidimento burocratico-padronale.
E per tener vivo il desiderio in un’istituzione è necessario introdurre il vuoto centrale. Si tratta di un aspetto fondamentale della teorizzazione di Recalcati: occorre tenere il vuoto al centro altrimenti il vuoto lo si trova dappertutto e lo si riscontra nella dispersione delle energie, nella disorganizzazione e nello smarrimento che può contraddistinguere certi tipi di organizzazione. Oppure il vuoto lo si può riempire e otturare attraverso un accentramento padronale e una rigida gerarchizzazione dei ruoli istituzionali, ma anche attraverso una amplificazione insensata delle procedure istituzionali.
Il vuoto al centro dell'atto
Collocare il vuoto al centro vuol dire collocare il vuoto al centro dell’atto di fondazione, non bisogna cioè considerare l’atto di fondazione, l’evento originario a partire da cui l’istituzione è stata generata, come un evento compiuto una volta per tutte.
Se l’evento originario non è mai compiuto una volta per tutte, allora la durata della vita istituzionale può scaturire dalla ripetizione di quella stessa incompiutezza dell’origine.
Quando Recalcati sottolinea che la fondazione di un’istituzione non è mai avvenuta del tutto riprende anche il pensiero di Roberto Esposito che ha valorizzato la dimensione istituente delle istituzioni come il fattore che consente all’istituzione di non adagiarsi (o isterilirsi) in qualcosa di già scritto una volta per tutte.
Grazie al vuoto centrale, che permette all’evento contingente che ha dato vita all’istituzione di esistere come un atto che non si è concluso una volta per tutte, chi ha fondato l’istituzione può separare la responsabilità dell’atto generativo che ha compiuto dalla tentazione della proprietà: secondo Recalcati non ci si appropria mai dell’atto di fondazione, si è soltanto responsabili di preservarlo, custodirlo e trasmetterlo come una forma di eredità.
Amare per ereditare
Così come avviene nell’esperienza dell’amore, dove ogni incontro è destinato a non compiersi mai definitivamente e come tale non cessa mai di continuare ad accadere non essendo mai accaduto una volta per tutte, anche nella vita delle istituzioni il tempo della fondazione può continuare a esistere come un principio che tiene l’istituzione in movimento nell’espansione di sé stessa, un’espansione che trasforma la forza originaria in una nuova forma.
È sempre necessaria una nuova forma perché non esiste una forma che permette all’istituzione di rappresentare in modo definitivo la sua dimensione istituente.
Secondo Recalcati il vuoto centrale è il fattore che consente all’istituzione di durare secondo la logica dell’amore.
Non è un caso che Recalcati prenda come punto di riferimento l’esperienza dell’amore perché è la logica dell’amore che consente la rotazione dei discorsi nella vita istituzionale.
La circolazione dei discorsi permette a un’istituzione di mantenere un movimento dove il vuoto e il fuoco, il vuoto centrale e la spinta dinamica del desiderio, si intrecciano cercando di volta in volta la forma contingente attraverso cui le persone possono dare corpo non solo al legame istituzionale e al funzionamento organizzativo, ma possono anche rinnovare l’apertura generativa dell’atto di fondazione. È in questo transito verso l’avvenire che l’atto di fondazione può diventare la forma più prossima all’atto di ereditare.