Il vuoto che si eredita
L’atto della testimonianza riguarda qualcosa di intestimoniabile perché c’è quel vuoto centrale che viviamo in esilio da ogni identificazione.
È importante allora non installarsi mai nella posizione di chi si identifica a essere qualcosa o qualcuno. Questo vuol dire non identificarsi con l’essere padre ma fare il padre; non dirsi padre, non dirsi fidanzato, non dirsi analista. Si pratica la psicoanalisi, non si è psicoanalista.
Indice
Intermittenza
Si è psicoanalisti, tra l’altro, in modo intermittente così come si è eredi in modo intermittente, cioè si è eredi quando si sta ereditando, quando non si sta ereditando non si è eredi. Si ha una fidanzata se la si corteggia, si è padri o figli se si cura quel rapporto, così come si ha un orto se ce ne prendiamo cura.
Da ragazzo volevo fare il veterinario perché mi piacciono molto gli animali e già allora mi aveva colpito che un animale ci riconosce come il suo padrone se ce ne prendiamo cura, era bello perché in realtà l’animale non aveva in mente l’idea del padrone, semmai prendeva il padrone come punto di riferimento, amava giocare di più con chi se ne prendeva cura.
Allo stesso modo un figlio riconosce come padre chi esercita la funzione del padre e una donna in alcuni casi riconosce come degno del suo amore non il marito ma chi la fa sentire amata.
Per qualche spunto in più guarda questo video sul libro Cosa resta del padre? di Massimo Recalcati.
Essere eredi è come essere fidanzati e non riguarda il possesso. Il possesso è una sfaccettatura della logica fallica.
La logica fallica, per dirla in breve, la ritroviamo in tutti quei frangenti educativi dove si tratta di trasmettere ai figli e agli eredi il senso della loro efficacia: è importante che un maestro riconosca il valore di un allievo, ma la dinamica relazionale del riconoscimento non può assorbire tutto ciò che avviene nell’eredità.
Se il passaggio intergenerazionale indugia troppo sulla questione del riconoscimento alla fine ci si ritrova in una dimensione rivaleggiante e in un rapporto di potere.
Chi dà il riconoscimento ha il potere nella relazione, chi desidera in modo esasperato il riconoscimento alla lunga pensa che non può farcela finché non viene riconosciuto e sostenuto.
In questo groviglio relazionale, spesso mai del tutto esplicito, l’Altro del riconoscimento diventa il possessore di quel valore che di cui il soggetto-erede si sente privo. È qui scatta la rivalità con l’Altro che se è intelligente saprà dare invece al soggetto quello che si merita: il vuoto centrale.
Il frutto dell'inermità
Nei casi in cui l’allievo cerca nel maestro ciò che gli manca allora l’allievo sta misconoscendo la sua mancanza perché suppone che almeno il maestro potrà colmarla. In un solo movimento viene misconosciuta la mancanza del soggetto e l’Altro viene preso come modello di pienezza.
In queste situazioni l’allievo non sarà mai erede e coverà semmai invidia verso la vitalità del testimone, senza capire che quella vitalità è ciò che sgorga come il frutto inaspettato della propria inermità.
Ciò che è che intestimoniabile e ciò che non si può passare è lo slancio vitale dell’Altro nella propria vita. Lo slancio vitale dell’Altro può spingerci al confronto e all’assunzione della nostra inermità Reale da cui eventualmente potrà sorgere la nostra vitalità.
Per qualche spunto in più guarda questo video sulla testimonianza dell'evento.
Attraversare il fantasma
Quando attraversiamo il nostro fantasma inconscio e la smettiamo di voler collocare l’Altro nel ruolo di chi dovrebbe colmare la nostra mancanza, allora facciamo i conti con l’Altro del desiderio e del godimento cioè con il vero slancio desiderante dell’Altro. È proprio questo slancio che riattiva il nostro slancio desiderante.
La funzione di un progetto culturale è proprio quella di portare la testimonianza dello slancio desiderante perché se uno slancio desiderante è autentico e vissuto allora può testimoniare l’intestimoniabile, ciò che non si può passare con il passaggio di un testimone o con le insegne dell’Ideale. Nell’eredità è in gioco un processo vitale che ognuno deve generare da sé, ma non senza l’Altro.
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