Brevi osservazioni sul libro “La Legge della parola” di Massimo Recalcati
Nel libro La Legge della parola. Radici bibliche della psicoanalisi troviamo una nuova testimonianza del movimento di ricerca che Massimo Recalcati ha intrapreso da più di trent’anni.
UN MOVIMENTO SPIRALIFORME. Nella Legge della parola ritroviamo un movimento che è sempre stato presente nella ricerca di Recalcati, un movimento che ogni volta che viene messo in atto aggiunge qualcosa di nuovo.
Quando Mario Cucca ha parlato in una Telemachia di questo libro – le Telemachie sono una serie di interviste del Centro di Telemaco di Torino sui libri di Recalcati –, ha sottolineato che anche nelle pagine scritte da Recalcati possiamo vedere uno di tipici movimenti che alcuni studiosi rintracciano nel testo biblico. Citando Paul Beauchamp, Mario Cucca utilizzava il termine “deuterosi” per indicare qualcosa che ha a che fare con la ripetizione, con la ripetizione di una tradizione, ma che nel momento in cui ripete qualcosa della tradizione introduce una innovazione.
In un’ottica psicoanalitica possiamo dire che ogni volta Recalcati compie un movimento spiraliforme, un movimento analogo alla soggettivazione che possiamo osservare tanto in una cura psicoanalitica quanto nel percorso di un artista o in quello di un ricercatore scientifico.
LEGGE, DESIDERIO E TESTIMONIANZA. In questo libro sulle radici bibliche della psicoanalisi ritroviamo alcuni tratti distintivi del modo di procedere di Recalcati e una ripresa di molti temi presenti nella sua opera. Per esempio, il rapporto tra Legge e desiderio, e in particolar modo la questione della testimonianza, della singolarità della testimonianza come modalità di trasmissione della forza generativa della parola.
Nel libro La Legge della parola la testimonianza non viene intesa come la manifestazione esemplare di un modello a cui riferirsi nel proprio incedere nella vita, anzi la testimonianza del desiderio di cui parla Recalcati produce una sorta di destituzione soggettiva, un esodo da sé stessi.
La testimonianza non propone un processo di identificazione nel modello, anzi spinge ciascuno a incamminarsi partendo dall’essere orfano di un modello. In quest’ottica essere eredi vuol dire non ripetere le linee guida trasmesse attraverso un modello, ma muoversi a partire da un “vuoto centrale”, da una dimensione insatura che costituisce il cuore della Legge della parola.
La testimonianza non è l’offerta di un modello in cui rispecchiarsi e attraverso cui orientarsi, si tratta piuttosto di incontrare qualcosa di perturbante. La testimonianza è una sorta di ferita narcisistica perché non fa coincidere del tutto con sé stessi.
TESTO BIBLICO E PSICOANALISI. A proposito di ferite narcisistiche possiamo dire che con il libro La Legge della parola Recalcati produce una doppia ferita narcisistica: da un lato ai biblisti e dall'altro agli psicoanalisti.
In primo luogo osserviamo che il lavoro di Recalcati sul testo biblico non è quello di applicare le categorie forgiate dal sapere psicoanalitico al testo biblico. Così come quando Recalcati legge le opere d’arte non fa una patografia del fantasma dell’artista, allo stesso tempo Recalcati si accosta alle narrazioni bibliche per estrarre delle coordinate antropologiche in cui la psicoanalisi è implicata e a cui non può essere applicata come se fosse un cannocchiale che vuole esplorare il cielo sopra di noi.
In secondo luogo, ne La Legge della parola Recalcati si accosta alla Bibbia mostrando che si tratta di un testo che può essere interrogato anche se non si è dei biblisti di professione. La Bibbia non è dunque un oggetto di ricerca di esclusiva proprietà dei biblisti, ma il luogo dove innanzitutto viene data testimonianza della Legge della parola che tocca nel vivo tutti noi.
LEGGE VS PRECETTI. La Legge della parola che viene trasmessa attraverso la testimonianza delle narrazioni bibliche non distacca soltanto il soggetto da un modello ideale con cui non può coincidere. La Legge della parola produce un divario incolmabile tra la Legge e i precetti.
La dimensione della Legge con la L maiuscola va dunque ben distinta dalle regole, dalle norme e dai precetti. La Legge di cui si tratta nel testo biblico, e su cui Recalcati concentra l’attenzione, va liberata dal fantasma dell’uomo religioso che vorrebbe illusoriamente trovare nella Legge una sintesi, un sapere compiuto, una garanzia per essere nel giusto.
Come sottolinea Recalcati ne La Legge della parola, l’uomo giusto vibra pulsionalmente e in questo vibrare pulsionalmente il rapporto tra immanenza e trascendenza è dato dal fatto che il soggetto si rivolge alla Legge della parola non come la sorgente di precetti ma come l’occasione di un’alleanza tra con l’Altro. È solo grazie a questa alleanza che che la Legge sostituisce la logica del precetto e diventa così un evento, un evento che apre un prima e un dopo, un evento che introduce una discontinuità che apre il soggetto nuovamente alla vita.
Quindi la Legge della parola è una destituzione della garanzia che può essere ricercata nei vari precetti e per tal ragione rimanda all’assunzione di una postura etica nella propria vita.
L’ODIO E LO SPECCHIO. Ne La Legge della parola viene anche affrontata una dimensione originaria dell’odio. Nelle narrazioni bibliche sembra che l’odio preceda l’amore, l’amore non sembra una condizione di partenza ma l’esito di un processo tortuoso in cui si tratta di superare le tentazioni dell’odio. In termini lacaniani potremmo dire che le narrazioni bibliche mostrano gli effetti dell’ipertrofia di quel registro di esperienza che Lacan indicava con il termine Immaginario.
L’Immaginario riguarda il rapporto che ciascun soggetto intrattiene con la sua immagine riflessa dallo specchio. Lo specchio da un lato offre la possibilità di trovare una rappresentazione che costituisce l’unità della propria immagine corporea, però dall’altro espone il soggetto a una riduzione e a un fraintendimento narcisistico. Il narcisismo patologico deriva infatti da una ipertrofia del regno dell’immagine, come se l’immagine fosse in grado di catturare l’essenza della soggettività che rappresenta.
Ma l’immagine rischia di far intendere che l’essenza di sé stessi può realizzarsi attraverso un rapporto con quel miraggio speculare che viene ritrovato nello specchio. La logica speculare-immaginaria non solo illude di trovare sé stessi nel miraggio irraggiungibile raffigurato nello specchio, ma condiziona gravemente i rapporti intersoggettivi a cui il soggetto può sovrapporre la medesima logica che anima il suo rapporto narcisistico con l’immagine di sé.
Ecco allora le oscillazioni tra odio e innamoramento tipiche dei rapporti speculari-immaginari: gli altri possono essere una fonte gratificante di rispecchiamento narcisistico oppure possono trasformarsi in pericolosi rivali nel momento in cui assumono le sembianze di un’immagine ideale con cui il soggetto sente che non potrà mai coincidere. Il gesto di Caino mostra, anticipando le riflessioni della psicoanalisi, il pericolo mortale di questa logica speculare-immaginaria.
Come sottolinea Recalcati ne La Legge della parola, ciò che rende possibile la fraternità non è il legame di sangue ma l’introduzione di un superamento della logica speculare-immaginaria che fomenta le oscillazioni e le ambivalenze dei rapporti umani.
La fascinazione, la rivalità e l’odio che derivano dalle relazioni speculari-immaginarie possono essere superati solo se avviene il passaggio a una dimensione relazionale-simbolica.
IL FANTASMA NEVROTICO. Ne La Legge della parola viene inoltre considerato che Abele e Caino sono due parti di noi stessi. Abele rappresenta l’immagine idealizzata di sé e Caino la parte invidiosa che colpisce chi rappresenta l’immagine ideale e irraggiungibile che si vorrebbe avere.
Abele viene visto da Caino come chi sarebbe esente dalla mancanza e in virtù di questo verrebbe idolatrato dall’Altro. Questa idealizzazione di Abele mostra una caratteristica del fantasma nevrotico: il soggetto nevrotico pone infatti come condizione per la soddisfazione del desiderio dell’Altro quella di diventare come Abele, un ideale senza mancanza.
Questa credenza nell’esistenza di un fratello ideale è frutto di un fantasma, di un filtro interpretativo con cui il nevrotico si ripara dall’enigma del desiderio dell’Altro. Il fantasma è un evitamento dell’incontro con l’Altro e spinge il soggetto verso il raggiungimento di una performance ideale che lo riparerebbe dall’angosciosa sensazione di trovarsi in procinto di incontrare la dimensione ignota e inassimilabile dell’Altro.
La diatriba fratricida tra Caino e Abele ci presenta lo scivolamento degli umani sul piano speculare-immaginario, è un ripiegamento sul rapporto con il proprio doppio riflesso dall’immagine dello specchio, è un evitamento della dimensione relazionale-simbolica che introduce l’impossibilità di coincidere con la propria immagine idealizzata, l’impossibilità di diventare idoli di sé stessi. Gli idoli forniscono infatti una via d’uscita dalla mancanza, dal silenzio, da ciò che non fa funzione di rappresentazione e che tuttavia si fa sentire nella nostra esistenza come una pulsazione intima e misteriosa allo stesso tempo.
EREDI, FRATELLI E AMANTI. Ne La Legge della parola Recalcati sviluppa un lavoro sui testi biblici che mette luce che cosa vuol dire essere eredi, essere fratelli ed essere amanti. Potremmo dire che in tutti questi casi si tratta di abitare il linguaggio in modo da potersi aprire alla dimensione della poesia.
La questione centrale nell’eredità, nella fratellanza e nell’amore riguarda la possibilità di partire dalla grammatica e dalla sintassi per giungere a un approccio poetico verso sé stessi e verso il mondo.
La posta in gioco nella trasmissione dell’eredità, nel legame tra fratelli e nel legame amoroso è quella di evitare che la Legge del linguaggio diventi una gabbia. Si tratta piuttosto di trasformarla in un’alleanza che istituisce le condizioni di esistenza della generatività testimoniata dalla poesia, come possiamo osservare per esempio nei versi del Cantico dei Cantici.
IL REALE DELL’AMORE. Nel Cantico dei Cantici viene scardinato l’amore come fusione con l’Altro. La Legge della parola vincola il soggetto al fatto che non potrà mai coincidere con l’essere un Uno-tutto-solo e che quindi è aperto rispetto al vincolo del legame con l’Altro. Allo stesso tempo nel legame con l’Altro ciascun soggetto sperimenta l’impossibilità della totalizzazione, i Due non faranno mai Uno.
La Legge della parola espone all’inevitabilità del rapporto con l’Altro, ma questo rapporto con l’Altro espone a qualcosa di Reale, di estremamente impossibile da saturare e che non permette di coincidere illusoriamente con l’Altro. È questa l'apertura della La Legge della parola: la dimensione dell’alterità rimane sempre inassimilabile, e si tratta di un’alterità che sarà sempre interna ed esterna allo stesso tempo.
*** ***Per un approfondimento sull'opera di Recalcati si veda il libro di Nicolò Terminio intitolato Introduzione a Massimo Recalcati. Inconscio, eredità, testimonianza (2018).
Per qualche spunto sulla trasmissione del desiderio nella trama delle generazioni si veda questo video sul libro Cosa resta del padre? La paternità nell'epoca ipermoderna di Massimo Recalcati.