Il transfert e la pulsazione dell’inconscio
Nell’insegnamento lacaniano il transfert viene concettualizzato anche come una forma di resistenza, come una «chiusura» dell’inconscio strutturato come un linguaggio.
Già nell’Intervento sul transfert Lacan faceva notare che «il transfert non è nulla di reale nel soggetto, se non l’apparizione, a un certo momento di stagnazione della dialettica analitica, dei modi permanenti secondo i quali esso costituisce i propri oggetti» [J. Lacan (1951), Intervento sul transfert, in Scritti, p. 218].
Nella nostra pratica clinica possiamo osservare la chiusura dell’inconscio nella resistenza alla cosiddetta regola fondamentale della psicoanalisi. Si tratta del transfert come resistenza alla significazione aperta dal significante.
È su questo punto che lo stesso Freud si era pronunciato vedendo nel transfert un ostacolo alla cura psicoanalitica: nel corso dell’associazione libera si produce una discontinuità, una forma di resistenza che al tempo stesso segnala l’avvicinarsi al conflitto inconscio.
In questa seconda accezione il transfert segnala la battuta d’arresto dell’automatismo significante (autómaton) e si configura come un inciampo che si insinua nello scorrere della catena significante.
Il transfert come tuché segna la chiusura dell’inconscio in quanto catena significante e mette in scena il versante Reale dell’inconscio. L’inconscio come pulsazione temporale è una discontinuità, «una discontinuità in cui qualcosa si manifesta come un vacillamento»[J. Lacan (1964), Il seminario, Libro XI, I quattro concetti fondamentali della psicoanalisi, p. 26].
La pulsazione dell’inconscio si esprime quando il versante pulsionale non si realizza nel significante, ma si ripete negli inciampi della catena associativa.
La ripetizione, in quanto tuché, indica un fallimento del lavoro associativo e prende le sembianze di un cattivo incontro che non viene evitato.
Per approfondire, tra i libri di Nicolò Terminio, si rimanda a: