L'esitazione del nevrotico
Il soggetto nevrotico cerca nella mappa dell'Altro la spinta e la direzione per mettersi in gioco nella sua vita. Un elemento centrale dell'esitazione del nevrotico è la necessità di essere riconosciuto dall’Altro.
Il soggetto nevrotico non chiede di essere riconosciuto come soggetto in quanto tale, desidera piuttosto essere riconosciuto nella sua particolarità di soggetto desiderante.
In questo particolare ambito della clinica psicoanalitica non è in bilico il riconoscimento del soggetto in quanto tale, ma il riconoscimento del desiderio del soggetto.
Indice
Il tempo della scelta
Il paziente nevrotico si lamenta infatti di non esser stato valorizzato dal proprio Altro per quelle qualità e quelle dimensioni soggettive che sente più autentiche. È un aspetto su cui l’Altro non si è pronunciato.
L’Altro del nevrotico sembra una coperta troppo corta, c’è qualcosa del soggetto che non riesce ad essere del tutto inclusa nella traduzione dell’Altro.
Il nevrotico soffre di una sorta di patologia dell’esitazione che lo mantiene al di qua del tempo della scelta, al di qua della vertigine generata dal passaggio verso una condizione da dove non è più possibile tornare indietro, perlomeno senza portare con sé la traccia o la cicatrice della scelta compiuta.
Il tempo della scelta mette in rilievo una dimensione vivente che il nevrotico non vuole attraversare. Si tratta di una zona buia e silenziosa, dove le vie del senso non riescono a portare né sicurezza né garanzia.
È un’esperienza di solitudine dove il peso e le conseguenze della scelta non possono essere addebitate a nessun Altro. Non c’è nessuna tradizione o memoria storica in grado di giustificare il passaggio che si compie verso l’avvenire.
Per qualche spunto in più guarda questo intervento sull'essere soli, ma non senza l'Altro. La differenza tra borderline, psicosi e nevrosi.
Un vero atto e una vera scelta contemplano l’attraversamento del silenzio, un silenzio che indica una verità assoluta, absoluta perché ancora sciolta da ogni trama.
Da questo punto di vista il silenzio fa trauma perché rompe ogni trama di senso e costituisce quella discontinuità inevitabile che dà avvio a ogni rinnovamento del rapporto tra tradizione e innovazione, tra appartenenza e separazione, tra storia e soggettivazione.
L’atto che passa attraverso lo iato del silenzio segna una nuova articolazione della storia: vengono modificati i rapporti con la propria storia.
In una cura viene cambiata innanzitutto la storia della relazione con l’Altro, della relazione con la traduzione operata dall’Altro.
Il salto logico ed esistenziale che viene richiesto nel tempo della scelta esprime un aspetto fondamentale del cambiamento psicoterapeutico: sebbene ogni trasformazione psichica si sostenga sull’elaborazione della storia, essa può verificarsi soltanto se il soggetto è capace di fare a meno della storia, attraverso un atto dove “il tempo non ha né volto né storia” (E. Fachinelli, Il bambino dalle uova d’oro. Brevi scritti con testi di Freud, Reich, Benjamin e Rose Thé, Feltrinelli, Milano, 1974, p. 43).
Per qualche spunto in più guarda questo video sul diventare Reale.
Per approfondire la differenza tra borderline, psicosi e nevrosi, tra i libri di Nicolò Terminio, si rimanda a: