Campi familiari e clinica gruppoanalitica
In diversi passaggi teorici sulle coordinate dell’incontro clinico Corrado Pontalti intende valorizzare un modello concettuale che sia in grado di pensare e articolare la “fondazione intrapsichica” (il soggetto) e la “fondazione comunitaria” (l’Altro) del senso di Sé.
Si tratta di due rimandi necessari che ci aiutano a comprendere quanto sia importante nella clinica tener presente l’articolazione tra il soggetto e l’Altro, tra la persona e le sue appartenenze famigliari e storico-sociali.
Indice
Tre livelli del famigliare
Secondo Pontalti le relazioni familiari non sono di per se la causa della malattia mentale, esse rappresentano piuttosto una sorta di “ordinatore semeiologico” che ci indica le coordinate simboliche attraverso cui il soggetto cerca di arrangiarsi con l’esistenza.
In tale prospettiva la matrice simbolica delle relazioni familiari si costituisce come un “campo mentale” che contempla la connessione di “trame gruppali […] inerenti la vita psichica individuale e sociale” (Cfr. C. Pontalti, “Campo familiare-campo gruppale: dalla psicopatologia all’etica dell’incontro”, Gruppi, 2000, 2, pp. 35-50).
In particolare è necessario distinguere tre registri relazionali del “famigliare”:
- relazioni attuali;
- relazioni storiche;
- relazioni fantasmatiche.
Si tratta di tre livelli che permettono al clinico di orientarsi nella comprensione della posta in gioco nella sofferenza del paziente. A seconda del livello di gravità della patologia le questioni del soggetto cercano e trovano una loro possibile soluzione su piani diversi.
Nel caso della classica nevrosi verranno investite soprattutto le relazioni fantasmatiche, l’Altro della realtà attuale sarà considerato solo come il rappresentante di una questione che abita nell’inconscio del soggetto.
Invece, nei casi gravi, riconducibili a una fenomenologia borderline o psicotica, la questione del soggetto verrà agita nella relazioni attuali: ciò che non ha occasione di essere simbolizzato nel campo mentale del soggetto viene mostrato “in relazioni strette, coinvolte e coinvolgenti” (Cfr. C. Pontalti, “Campo familiare-campo gruppale: dalla psicopatologia all’etica dell’incontro”, Gruppi, 2000, 2, pp. 35-50).
Per qualche spunto in più sulla differenza tra nevrosi, psicosi e borderline guarda questo intervento su Essere soli, ma non senza l'Altro.
Campo gruppale e progetto terapeutico
Pontalti sottolinea che è utile concettualizzare la "peculiarità dell’apparato mentale proponendo l’ipotesi che la mente del paziente si rappresenta inconsciamente nella mente gruppale familiare. Nelle patologie gravi la mente gruppale non è, se non parzialmente, rappresentazione intrapsichica del Sé; esiste in quanto campo relazionale concreto, storicamente e fenomenologicamente costituito dalle relazioni attuali con le persone significative (Cigoli 2000). Parimenti sono articolate nel mondo intrapsichico le trasformazioni soggettuali delle relazioni passate. La dialettica polare tra queste due classi di relazioni è fonte di confusione, disperata ambivalenza, blocco evolutivo di nuove simbolizzazioni. La pervasività o meno della paralisi della funzione simbolopoietica al confine tra relazioni attuali, relazioni storiche, relazioni fantasmatiche deve essere accuratamente valutata durante l’impostazione del progetto terapeutico. Più ampia è la fondazione fantasmatica della personalità più la costituzione del Sé rappresenta nel mondo interno le vicissitudini della matrice familiare. In questo caso è sicuramente meno necessario costruire relazioni significative con i familiari; ed anche questa è di fatto la richiesta ed il bisogno del paziente che, per altro, è sicuramente capace di vita autonoma ed evolutiva anche se affaticata e dolente. Nelle altre situazioni è invece necessario predisporsi a quel lungo lavoro congiunto che permetta la costituzione del campo terapeutico come campo gruppale che crea quella nuova comunità e quel nuovo accomunamento di cui parlavo nelle pagine precedenti" (Cfr. C. Pontalti, “Campo familiare-campo gruppale: dalla psicopatologia all’etica dell’incontro”, Gruppi, 2000, 2, pp. 35-50).
L’impostazione terapeutica deve dunque tener conto del campo multipersonale in cui è inserito il paziente che incontriamo, e soprattutto occorre saper decodificare il livello relazionale in cui si gioca e si può giocare la partita tra il soggetto e il suo “reale”.
Nella clinica dei soggetti borderline le relazioni attuali possono costituire un punto di ancoraggio preliminare all’elaborazione della propria questione.
Il setting della cura contempla la possibilità di allargare il campo terapeutico includendo sulla scena quelle persone che possono contribuire ad alimentare la significazione esistentiva del paziente, una significazione che soprattutto nelle patologie gravi incontra troppo presto un punto di interruzione.
*** ***
Per qualche spunto in più guarda questo video su clinica del vuoto e trattamento della famiglia.
Per un quadro ragionato del pensiero clinico di Corrado Pontalti si veda il capitolo "Il simbolico e l'azione terapeutica" del libro La generatività del desiderio di Nicolò Terminio.
Per approfondire l'intreccio tra psicoanalisi e fenomenologia vedi anche altri due testi di Nicolò: