Il sintomo come questione e come rifiuto
Il secondo criterio per distinguere i sintomi freudiani dai nuovi sintomi specifica ancor di più la compromissione del rapporto tra soggetto e Altro. Nel sintomo nevrotico è la dimensione del conflitto a farla da padrone. Il discorso del soggetto è orientato infatti dal conflitto tra quella che sente come la propria autenticità e ciò che immagina che l’Altro si aspetti da lui (o lei).
In altre parole, nel discorso dei pazienti compare in maniera ricorsiva questo problema: “come posso conciliare quello che desidero con ciò che desidera l’Altro?”. Oppure: “posso essere me stesso senza perdere la stima o l’amore dell’Altro?”. La credenza patogena che sostiene il fantasma nevrotico consiste nell’attribuire all’Altro un simile desiderio: “per essere amato da me devi sacrificare o rinunciare alla tua autenticità”.
Indice
Il conflitto nevrotico
Il conflitto nevrotico è dunque alimentato da un “fantasma sacrificale” in base a cui il soggetto sostiene che per mantenere il legame con l’Altro bisogna inibire il proprio desiderio. Il conflitto nevrotico è in tal modo accompagnato da un corteo di sintomi e meccanismi di difesa con cui prende le distanze e alternativamente si ricongiunge con il suo desiderio, ma in modo trasgressivo o clandestino.
La presa fantasmatica del nevrotico fa svolgere all’Altro il ruolo di grande censore del desiderio soggettivo.
Alla fine di un’analisi si potrà fare a meno di questa protezione fantasmatica per aprirsi al duplice incontro con il Reale del proprio desiderio e con il desiderio Reale dell’Altro.
Per qualche spunto in più guarda questo video sull'oltrepassare il fantasma:
Nel caso dei nuovi sintomi facciamo fatica a rintracciare i segni del conflitto nevrotico e della costruzione fantasmatica del soggetto. Osserviamo piuttosto il rifiuto dell’Altro.
Se il sintomo come messaggio presuppone l’esistenza dell’Altro, il sintomo come scarica mostra una sfiducia o un rifiuto radicale dell’Altro.
Nella clinica del vuoto non c’è più un Altro con cui entrare in conflitto, il sintomo non è portavoce di un desiderio rivolto all’Altro. I nuovi sintomi funzionano piuttosto come dei meccanismi autoregolatori attraverso cui il soggetto fa a meno dell’Altro o, in alcuni casi, se ne difende addirittura.
Clinica del vuoto: borderline e psicosi
Nella clinica del vuoto rientra sia il funzionamento borderline sia la struttura psicotica. Nella clinica borderline possiamo osservare non il conflitto ma la sfiducia verso l’Altro:
le provocazioni relazionali del borderline sono degli pseudo-conflitti perché sono finalizzate ad esplorare l’affidabilità dell’Altro, la possibilità di potersi ancorare all’Altro.
Nella clinica della psicosi invece il vuoto del sintomo è un modo per tenere a distanza l’intrusività dell’Altro e l’incandescenza asemantica del corpo pulsionale.
Nella psicosi il vuoto del sintomo può quindi assolvere a una funzione stabilizzante, in modo pragmatico e non relazionale.
Questi aspetti psicopatologici che differenziano la logica del conflitto da quella del rifiuto ci permettono di individuare le coordinate relazionali del “trattamento della domanda” nella clinica dei nuovi sintomi.
I nuovi sintomi pongono la questione clinica del trattamento della domanda perché si tratta di sintomi che non domandano nulla all’Altro, anzi sono una barriera all’Altro.
È per tal ragione che prima ancora di considerare la “rettifica del rapporto del soggetto con il Reale” bisognerà considerare un momento della cura che rettifichi innanzitutto il rapporto del soggetto con l’Altro.