Trasmettere una trama intergenerazionale
La teoria dell’attaccamento nasce agli inizi della seconda metà del Novecento con l’opera di uno psicoanalista londinese: John Bowlby. Bowlby formula le linee principali del suo pensiero tentando di superare i limiti che ritrova nella psicoanalisi del suo tempo.
La psicoanalisi contemporanea a Bowlby era dominata dalle concettualizzazioni di Anna Freud e Melanie Klein [Cfr. J. Holmes (1993), La teoria dell’attaccamento, Cortina, Milano 1994]. La prospettiva di Bowlby cerca di andare al di là dell’esclusivo interesse per gli aspetti intrapsichici e immaginari della vita mentale del bambino, rivalutando invece quelli direttamente osservabili nel suo comportamento. L’innovazione portata dal pensiero di John Bowlby e dei suoi seguaci consiste nel ritenere la ricerca di una relazione d’attaccamento come una tendenza innata (biological drive) dell’uomo.
Indice
Modelli operativi interni
Nei suoi sviluppi iniziali l’attaccamento viene inteso come un sistema comportamentale che garantirebbe la sopravvivenza della specie: la ricerca della prossimità fisica del genitore assicura al bambino il nutrimento, la protezione e la possibilità di esplorare l’ambiente.
Dopo questa fase un po’ comportamentale Bowlby però presta maggiore attenzione al mondo rappresentazionale del bambino, elaborando il concetto di modelli operativi interni (MOI).
Lo scopo dell’attaccamento non viene più inteso come semplice ricerca della prossimità fisica dell’Altro, ma come il mantenimento della sua disponibilità, ovvero della sua accessibilità e responsività.
Il comportamento d’attaccamento è quindi guidato da un sistema rappresentazionale (i modelli operativi interni) che prefigura da un lato le aspettative con cui un soggetto vive le relazioni intime e dall’altro le modalità con cui affronta situazioni di disagio o stress.
Un’ulteriore evoluzione della teoria dell’attaccamento avviene grazie all’ideazione della Strange Situation, una procedura di laboratorio in cui viene osservata l’interazione madre-bambino.
La Strange Situation consiste in una seduta di circa venti minuti in cui la madre e lo sperimentatore accompagnano il suo bambino di 1-2 anni in una stanza da gioco.
La madre viene invitata a uscire dalla stanza, lasciando il bambino con lo sperimentatore per circa tre minuti.
Dopo il ritorno della madre e il ricongiungimento con il bambino, avviene una seconda separazione in cui il bambino rimane solo per altri tre minuti.
Infine, la madre e il bambino tornano nuovamente insieme.
L’intera esperienza viene videoregistrata e classificata in base alle reazioni che il bambino manifesta nelle separazioni e nelle riunioni con la madre.
La procedura si pone l’obiettivo di evidenziare le differenze individuali nella risposta allo stress da separazione, distinguendo quattro pattern di attaccamento [Cfr. M. D. S. Ainsworth, M. C. Blehar, E. Waters, S. Walls, Patterns of Attachment: A Psychological Study of the Strange Situation, Erlbaum, Hillsdale 1978.].
L’attaccamento sicuro è caratterizzato da un sistema rappresentazionale in cui la figura di riferimento risponde armonicamente alle necessità del bambino.
Gli stili d’attaccamento definiti insicuri sono invece contraddistinti da una inaccessibilità del caregiver e da una serie di strategie che si rivelano inefficaci nella regolazione affettiva.
In particolare, nel pattern di attaccamento insicuro evitante il bambino sviluppa uno stile affettivo che tende a limitare l’accesso a pensieri, sentimenti e ricordi legati ad una relazione d’accudimento emotivamente coartata.
Nel pattern ambivalente-resistente viene espressa un’enfatizzazione delle reazioni emotive, volte sia ad attirare l’attenzione del caregiver sia a respingerne le cure, che vengono percepite come eccessivamente intrusive.
Il pattern di attaccamento disorganizzato, contraddistinto dalla presenza di strategie non integrate, mostra invece un bambino disorientato da un atteggiamento paradossale: il comportamento spaventato o minaccioso della madre si manifesta infatti come risposta ad ogni richiesta di attaccamento che il figlio esprime.
Il bambino, dunque, attraverso la relazione con i genitori può perdere o può trovare l’opportunità di apprendere delle strategie efficaci con cui affrontare le frustrazioni e canalizzare gli impulsi, sviluppando così dei modelli operativi interni fondati sulla fiducia affettiva nel rapporto.
Daniel Stern evidenzia in particolare il ruolo della «sintonizzazione transmodale» fra madre e bambino, soprattutto nelle fasi di formazione degli «schemi dell’essere-con» che, aggregando le esperienze emotive e le relazioni che le hanno generate, risultano fondamentali nella costituzione dei modelli operativi interni.
Un accudimento sensibile consente infatti al bambino di sperimentare la responsività del caregiver e, allo stesso tempo, di costruire la rappresentazione di un Sé degno di cure e attenzioni.
L’inaccessibilità della figura di attaccamento costituisce invece il presupposto per la percezione di un Sé privo di valore e inaccettabile. Ecco come, in questo orizzonte di pensiero, la riflessione sugli stili d’attaccamento rimanda al ruolo imprescindibile che l’Altro svolge nello sviluppo del Sé e nella trasmissione di una trama intergenerazionale.
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Per qualche spunto in più sulla relazione madre-bambino si veda questo video su sintonizzazione e traduzione materna.
Per approfondire, tra i libri di Nicolò Terminio, si rimanda a:
- La generatività del desiderio. Legami familiari e metodo clinico (2011)
- Siamo pronti per un figlio? Amarsi e diventare genitori (2015)
- A ciascuno la sua relazione. Psicoanalisi e fenomenologia nella pratica clinica (2019)
- L'intervallo della vita. Il Reale della clinica psicoanalitica e fenomenologica (2020)