Complesso di Edipo e Forclusione del Nome del Padre
Il complesso di Edipo segna una tappa fondamentale nello sviluppo psichico e relazionale dell'essere umano. Il complesso di Edipo per Freud e Lacan è un passaggio simbolico che fonda la dimensione desiderante del soggetto. Nel complesso di Edipo Lacan distingue “tre tempi”, ossia tre scansioni logiche.
Secondo Lacan nel complesso di Edipo possiamo individuare quegli operatori psichici che introducono il soggetto in un mondo attraversato e ristrutturato dal Simbolico.
Dal punto di vista psicopatologico la psicosi è un fallimento dell'entrata del soggetto nell'universo simbolico strutturato dal complesso di Edipo. E la forclusione del Nome del Padre rivela un buco del Simbolico che il soggetto psicotico proverà a colmare attraverso la metafora delirante.
Indice
I tre tempi del complesso di Edipo
Nel primo tempo del complesso di Edipo, che è una fase precoce dello sviluppo, il bambino sente di essere tutto per la madre, ciò che appaga la madre completamente.
L’entrata in scena del Nome-del-Padre segna la separazione della coppia madre-bambino, instaurando il passaggio da questa dialettica immaginaria al secondo tempo dell’Edipo: quello dell’interdizione paterna.
Nel complesso di Edipo la funzione paterna opera una duplice manovra d’interdizione (castrazione simbolica), rivolgendosi sia al bambino che alla madre: quest’ultima non può più soddisfarsi completamente nel bambino, che a sua volta viene sganciato dall’identificazione immaginaria al fallo, cioè dall’identificazione all’oggetto del Desiderio Materno.
La Legge veicolata dal Nome-del-Padre non è soltanto un’interdizione del godimento, infatti il tramonto del complesso edipico apre al bambino una dimensione che sta al di là del sacrificio del suo godimento.
L’intervento del Nome-del-Padre è necessario affinché il soggetto trovi posto in un apparato simbolico. Questo è il carattere duplice della funzione paterna dal punto di vista della Legge: da una parte l’interdizione e dall’altra l’abilitazione al desiderio.
Nel pensiero di Lacan il Nome-del-Padre è un significante paterno – ha cioè valore fondativo – proprio perché significante. Nella psicosi viene meno la funzione costitutiva del Nome-del-Padre.
Nella psicosi possiamo riscontrare due livelli di compromissione del rapporto tra il soggetto e la dimensione del significante.
Il primo riguarda la mancata simbolizzazione primaria del piano dei bisogni, che non vengono riconosciuti da un Altro in grado di dare senso all’esperienza del soggetto.
Il secondo livello riguarda invece la forclusione del Nome-del-Padre: nonostante sia avvenuta la simbolizzazione primaria, il desiderio materno rimane svincolato da un Altro che possa fungere da Terzo nella relazione madre-bambino.
L’Altro dello psicotico non è regolato da nessun Altro. In tal modo il soggetto è in balia di una relazione di tipo speculare-simmetrico.
Il soggetto psicotico cercherà di colmare l'assenza del Nome del Padre attraverso un rimedio metaforico: nel posto assente della metafora paterna lo psicotico inserirà una “metafora delirante”.
Per questi motivi Freud nel suo celebre studio sul caso del Presidente Schreber sottolineava che il delirio è un processo di guarigione che permette una stabilizzazione del soggetto.
Nel caso Schreber ciò che il soggetto cerca di stabilizzare e di non lasciar svanire è l’Altro che alterna la sua ritirata – che lascia cioè un vuoto di significazione – a un movimento verso il soggetto stesso a cui richiede un godimento del corpo. Schreber si preoccupa quindi di non esser "piantato in asso" dall’Altro e di mantenerne l’esistenza attraverso la sua costruzione delirante, costruzione che svolge anche una funzione regolatrice nei suoi rapporti con l’Altro.
Per qualche spunto in più si veda anche questo video su complesso di Edipo e forclusione del Nome del Padre.