L'autobiografia del presidente Schreber
Nel 1903 l’ex presidente della Corte d’Appello di Dresda, Daniel Paul Schreber, pubblicò un libro in cui descriveva autobiograficamente il decorso clinico della sua malattia, una forma di paranoia per cui aveva subito diversi ricoveri.
Durante la sua vita Schreber, come egli stesso affermava nelle sue Memorie, ebbe due crisi nervose, entrambe “in seguito ad una fatica intellettuale eccessiva” [Schreber D.P. (1903), Memorie di un malato di nervi, Adelphi, Milano 1974, p. 54]: la prima volta nel caso di una sua candidatura per un avanzamento di carriera, la seconda volta in occasione degli sforzi lavorativi compiuti dopo l’assunzione della carica di presidente della Corte d’Appello di Dresda.
Indice
Esordio delirante e decorso psicopatologico
La prima crisi, che ebbe luogo tra l’autunno del 1884 e la fine del 1885, si risolse dopo circa sei mesi di ricovero nella clinica diretta dall’anatomista Flechsig. Dopo questo grave attacco di ipocondria, così fu indicato nel certificato medico che gli venne rilasciato, Schreber si dedicò alla famiglia e al lavoro, trascorrendo gli otto anni successivi con molta tranquillità, se non per qualche lieve turbamento dovuto alla “ripetuta delusione […] di avere bambini” (Ivi, p. 56).
Nel giugno 1893 Schreber fu nominato presidente della Corte d’Appello di Dresda. Assunse la carica soltanto dall’ottobre dello stesso anno, ma nel periodo che trascorse tra la nomina e l’entrata in ruolo ebbe diversi sogni a cui poi diede molta importanza – si trattava di esperienze oniriche che raffiguravano il ritorno della sua vecchia malattia – e in più un episodio che segnò l’inizio del suo decorso clinico:
un giorno, nel dormiveglia, il presidente Schreber si trovò a pensare che “dovesse essere davvero molto bello essere una donna che soggiace alla copula” (Ibidem).
A partire da questo punto si sviluppò in lui un prodigioso delirio che lo fece passare per tutti gli estremi della tortura e della voluttà coinvolgendo Dio, il sole, complotti, “assassinii dell’anima”, catastrofi cosmiche e rivolgimenti politici.
Le sue costruzioni deliranti ruotavano attorno alla convinzione di trovarsi in procinto di essere trasformato in donna e allo stesso tempo di dover lottare strenuamente contro Dio.
Lo scenario che di pagina in pagina prende forma nel testo di Schreber contempla l’alternanza di una sconvolgente architettura d’immagini, di nessi e di illuminazioni che ci vengono tra l’altro presentate con la precisione e il rigore logico di un inappuntabile magistrato.
Dopo sei anni di malattia Schreber voleva infatti dimostrare di non essere pazzo e alla fine ci riuscì, cosicchè fu accolto il suo ricorso alla sentenza d’interdizione.
Questa contemporanea presenza di costruzioni deliranti e di ragionamenti che ne delucidavano la sequenza resero le Memorie schreberiane come uno dei testi più frequentati dagli studiosi della vita psichica del ventesimo secolo.
Della eccezionale importanza di questo testo si accorse per primo Jung, che lo studiava già nel 1907 e lo fece leggere a Freud nel 1910.
Freud scrisse addirittura a Jung che l’ex presidente Schreber avrebbe avuto i titoli per diventare professore di psichiatria. E così il padre della psicoanalisi si interessò allo studio di questo caso dando molto valore a quella storia in quanto “caso paradigmatico” di demenza paranoide [cfr. Freud S. (1910), Osservazioni psicoanalitiche su un caso di paranoia (dementia paranoides) descritto autobiograficamente (Caso clinico del presidente Schreber), in Opere, vol. 6, Bollati Boringhieri, Torino 1974, pp. 333-406].
Nel racconto di Schreber Freud rintracciava una conferma degli assunti teorici sulla paranoia ai quali era già precedentemente pervenuto. Ma il caso Schreber si configura anche come una preziosa occasione per osservare il nesso tra la questione clinica delle psicosi e le dinamiche sottese al complesso di Edipo.
Per la teoria psicoanalitica le Memorie di Schreber si configurano come una prova del fuoco, tanto che, insieme a Lacan, potremmo definirle come “un grande testo freudiano, nel senso che, anziché essere Freud a chiarirlo, è esso a mettere in luce la pertinenza delle categorie forgiate da Freud” [Lacan J. (1966), Presentazione delle Memorie di un malato di nervi, in Altri scritti, Einaudi, Milano 2013, p. 214].
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Per approfondire, tra i libri di Nicolò Terminio, si rimanda a: