Il non detto nella psicosi
Nella psicoanalisi lacaniana la forclusione del Nome del Padre indica il mancato compimento del complesso di Edipo ed mostra l’assenza di un punto di capitone nello scorrimento del piano del significante su quello del significato.
Di solito l’abbinamento tra significante e significato viene sottinteso perché siamo immersi in un bacino semantico socialmente condiviso, ma nella psicosi è proprio questa partecipazione al common sense che viene vissuta come impossibile.
Nel libro Come non detto. Usi e abusi dei sottintesi di Filippo Domaneschi e Carlo Penco troviamo un percorso estremamente affascinante per distinguere “all’interno di ciò che è sottinteso, tra ciò che viene dato per scontato (le presupposizioni) e ciò che viene lasciato intendere (le implicature)”.
Nell’esperienza dello psicotico tutto ciò non produce effetti solo sul pensiero e sulla comunicazione perché la dimensione del linguaggio è innanzitutto incarnata oltre che intersoggettiva.
Anche nella pratica clinica il linguaggio andrebbe considerato sotto diversi punti di vista:
1. Quando ci occupiamo del linguaggio come rappresentazione rivolgiamo l'attenzione al rapporto con la verità e con ciò a cui le parole si riferiscono.
2. Il linguaggio come azione mette in evidenza le convenzioni linguistiche e le intenzioni nell'uso del linguaggio.
3. Il linguaggio come comunicazione pone il problema della traduzione e gli aspetti di dipendenza contestuale del nostro dire.
4. Il linguaggio come Legge dell'Altro e come lalangue mostra la dimensione inconscia che sovradetermina l'enunciazione del soggetto.
Per qualche spunto in più sulla psicosi guarda questo video su complesso di Edipo e forclusione del Nome del Padre.
Per approfondire, tra i libri di Nicolò Terminio, si rimanda a: