Open to meraviglia: un’esperienza senza inconscio
Open to meraviglia, la campagna di promozione del turismo in Italia non è convincente perché ci propone un’esperienza senza inconscio.
Quando chiamiamo in causa l’arte dobbiamo tenere in considerazione che l’arte non è semplicemente la proposizione di forme belle e attraenti che possono destare stupore. L’arte ci confronta con il mistero dell’inconscio.
Credo che sia questa una delle ragioni per cui la maggioranza delle persone sono rimaste scettiche o addirittura sconcertate dal modo di presentare la bellezza dell’arte italiana nella campagna Open to meraviglia.
Non è sicuramente convocando delle immagini adeguate allo stile dei social contemporanei, dove tutti compariamo attraverso i selfie e ci ritraiamo accanto ai monumenti. Non è questo il modo in cui si può evocare la vera esperienza che possiamo fare visitando la Galleria degli Uffizi, dove possiamo incontrare la vera Venere di Botticelli.
Quando incontriamo la Venere di Botticelli la nostra realtà abituale viene sconvolta.
L’esperienza dell’opera d’arte è un’esperienza in cui le nostre abituali rappresentazioni vengono sconvolte, disarticolate, squarciate dalla bellezza.
Quindi, la meraviglia non è trovare qualcosa di antico e renderlo contemporaneo, renderlo in qualche modo simile alle immagini dei cartoni animati o alle immagini che facciamo circolare su Instagram. No, quando incontriamo un’opera d’arte, quando siamo di fronte alla bellezza che attraversa i secoli entriamo in contatto con un’eternità di passaggio.
Credo che la disapprovazione per Open to meraviglia sia derivato dal fatto che è stato in qualche modo profanato qualcosa di sacro, quella dimensione sacra di cui facciamo esperienza quando siamo di fronte a un’opera d’arte o un paesaggio unico che ci trasmette la sensazione che abbia un’anima.
L’opera d’arte non è un bene di consumo, l’opera d’arte esce al di là di ogni logica di scambio tipica del consumismo. In alternativa allo scambio, c’è la logica del dono, del dono che riceviamo dall’incontro con l’opera.
Quando incontriamo l’opera facciamo esperienza di un mistero che l’opera costituirà sempre per noi. Tutte le volte che ci esercitiamo per formulare delle interpretazioni, anche semioticamente raffinate, di un’opera d’arte, non acciuffiamo quel mistero che viene convocato dall’opera.
L’opera d’arte chiama in causa il confronto col nostro stesso mistero che ci abita dentro. È questa la meraviglia dell’arte!
Quindi, non si tratta di procurare soltanto lo stupore per una bella forma, bisogna evocare lo stupore per l’incontro con un mistero che riguarda il nostro inconscio.
In Open to meraviglia questo processo non entra in azione. Viene semmai promossa la logica dell’identificazione, che è la logica tipica dei social o dei discorsi dei brand. Non è un caso che tutte le persone, che hanno in qualche modo scimmiottato questa campagna di promozione del turismo, si siano proposte loro stesse come testimonial in alternativa alle immagini della pseudo-Venere di Botticelli.
La modalità di promozione del turismo in Italia di Open to meraviglia propone un processo di identificazione, invece la meraviglia dell’opera d’arte, o dei paesaggi, produce una destituzione della propria identificazione. Quando siamo di fronte a un’opera d'arte non sappiamo più chi siamo perché entriamo in contatto con l’inconscio, con una dimensione della nostra esistenza che si configura come una voce misteriosa e inaggirabile, una voce che solo la vera arte è capace di presentare in maniera convincente e perturbante allo stesso tempo.