L’inconscio nell’incontro digitale
Quando penso all’esperienza che può essere generata nella terapia online mi viene in mente l’obiettivo trasversale alle diverse forme di incontro terapeutico: far emergere l’avvenire dell’inconscio.
La dimensione Reale del desiderio inconscio non è solo il capitolo censurato attraverso i vari meccanismi di difesa, ma è anche quella pagina bianca che attende di essere ancora scritta.
Indice
Inconscio
L’inconscio è un campo insaturo perché riguarda eventi e frammenti non ancora pervenuti nel mondo del senso, ma è anche una spinta indomita verso l’ignoto e ciò che ancora non è stato realizzato.
L’inconscio è fatto di gabbie mentali che bloccano la creatività del soggetto e allo stesso tempo mostra lo slancio vitale che attende di essere vissuto.
In maniera molto sintetica potremmo dire che si tratta di tenere insieme queste due dimensioni anche nel tempo della singola seduta.
Nelle sedute online ho verificato la grande forza trasformatrice che il colloquio può avere se si punta a “destare il sognatore”. Nel periodo di lockdown per alcune persone la vita dei sogni è diventata ancora più intensa e il lavoro svolto durante la seduta faceva scivolare il discorso verso una modalità comunicativa che rendeva ancor di più attiva quella dimensione vivente che nel soggetto si configura come causa del desiderio.
Sogno
Il sogno e il racconto del sogno permettono di vivere il colloquio, anche attraverso lo schermo, come una traiettoria che sposta lo stato di coscienza verso una condizione crepuscolare dove l’intimità profonda con se stessi avviene in presenza e in relazione all’ascolto e all’intervento dell’Altro.
E questo Altro non è soltanto l’analista ma anche lo stesso discorso dell’inconscio che si fa più nitido come trama che si ripete e come avvenire che attende di essere vissuto.
Suono
Per rappresentare la dimensione vivente della seduta online potrei prendere spunto dal colloquio con un’adolescente che mi stava raccontando che aveva composto una nuova musica e grazie al fatto che si trovava nella sua stanza e che alle sue spalle c’era il pianoforte ho potuto proporle di suonarla in modo che potessi ascoltarla anch’io. Altre volte nelle sedute dal vivo mi aveva mostrato dei disegni e dei frammenti di storie a cui si era dedicata, quella volta oltre a quelle storie e a quei disegni abbiamo potuto condividere la musica che aveva immaginato per accompagnarle.
Esempi semplici come questo fanno pensare a quello che sottolineava Wittgenstein quando diceva che una nuvola di filosofia si risolve in una gocciolina di prassi simbolica.
E su questa scia possiamo considerare l’analista come il segretario dell’inconscio del paziente: anche online è colui o colei che mette in agenda la trama già scritta e quella ancora da scrivere per trasformarla, insieme.
Setting
Credo che per condurre dei colloqui online sia necessaria molta flessibilità perché non è possibile organizzare lo spazio dell’incontro in maniera predefinita. Anche con lo stesso paziente cambiano le condizioni del colloquio di volta in volta perché magari dovrà cercare una nuova stanza dove poter stare più tranquillo o dovrà cambiarla perché in quel momento serve a un familiare.
In alcuni casi può addirittura entrare in scena qualcun Altro, che può essere un simpatico bassotto che salta in braccio al paziente oppure un fratello che bussa e apre la porta per chiedere qualcosa. L’ambiente e lo sfondo non sono una condizione stabile e nel periodo transitorio del lockdown sono stati transitori anche i luoghi che i pazienti trovavano per vivere il momento della seduta.
I colloqui che avvengono attraverso i dispositivi digitali ci offrono un’ulteriore occasione per riflettere sulla cosiddetta variabilità del setting e mostrano ancor di più che il setting è innanzitutto l’assetto mentale e relazionale su cui terapeuta e paziente riescono a sintonizzarsi di volta in volta.
L’instabilità o lo scarso controllo che si può avere sul set fa emergere il valore fondamentale del campo relazionale, un campo che è innanzitutto filtrato dal dispositivo del linguaggio. È il linguaggio il vero dispositivo che ci fa continuare ad essere dei “parlesseri” anche se ci colleghiamo online.
Linguaggio
Il linguaggio non è fatto solo di segni, ma è innanzitutto corpo, ritmo e segni incarnati. Se diciamo allora che l’inconscio è strutturato come un linguaggio ci stiamo riferendo tanto alla trama del senso quanto alla dimensione vivente ed emotiva che ci attraversa.
Online l’attenzione continua ad essere rivolta all’intreccio tra campo relazionale e dispositivo del linguaggio, provando a vedere in che modo i dispositivi digitali possono favorire, anziché interferire, con quel coinvolgimento, con quel co-esserci che va al di là di ogni interpretazione o comprensione e che tuttavia si configura come un momento di verità, tanto per il paziente quanto per il terapeuta.
Per qualche spunto in più si veda questo intervento di Nicolò Terminio su Corpo, verità e digitale: