La forclusione del Terzo e la fiducia nell’Altro
La questione del Terzo rimanda alla clinica della psicosi, che è ben diversa dalla clinica della nevrosi. Nella psicosi tra l’Altro e il soggetto manca un Terzo che possa fare da garante del rapporto. È in questo snodo soggettivo che entra in gioco la questione del complesso di Edipo e della forclusione del Nome del Padre.
Più precisamente possiamo incontrare nella storia dei pazienti psicotici l’assenza o il rigetto di qualcuno o qualcosa che sia stato in grado di disciplinare e modulare il desiderio dell’Altro nei confronti del soggetto. La condizione di assoggettamento è costituita allora dal fatto che nessun Terzo potrà interporsi in questo rapporto duale dove il soggetto si sente completamente sottoposto alla volontà dell’Altro.
Se manca il Terzo
Se manca un Terzo che si interpone tra soggetto e Altro, allora l’Altro apparirà senza vincoli non solo rispetto alla sua volontà ma anche rispetto al senso che possono prendere le sue parole e le sue azioni.Se manca il Terzo il soggetto si trova a recepire una serie di messaggi e di azioni senza avere però il codice per decodificarle.
Nella clinica della psicosi è fondamentale che il paziente percepisca la resa del terapeuta, perché la resa dell’Altro rassicura il soggetto psicotico sul fatto che esiste un Terzo che regola o media la relazione.
“La resa – come scrive la psicoanalista Jessica Benjamin – comporta libertà da ogni intenzione di controllare o costringere qualcuno a fare qualcosa” (cfr. J. Benjamin, Il riconoscimento reciproco. L’intersoggettività e il Terzo, 2019, p. 34).
È questa la garanzia fondamentale nel rapporto con lo psicotico. Nella cura della psicosi potremmo dire che è la resa del terapeuta che fa esistere il Terzo. Nella nevrosi invece possiamo pensare a un rapporto dialettico tra resa e costruzione di un Terzo condiviso.
Le riflessioni relative al transfert mostrano che l’alleanza terapeutica consente di fare dell’inciampo un nuovo passo nella relazione.
L’alleanza in questa ottica è il lavoro di costruzione di un Terzo che infonde la fiducia necessaria per abbandonarsi. E grazie all’esperienza del “lasciar andare il sé”, grazie alla destituzione soggettiva, può essere superata la lotta hegeliana per il riconoscimento e giungere finalmente al riconoscimento reciproco dove, come scrive il poeta Mak Dizdar:
la via da te a me
Non è uguale alla via
Da me
A te
[devo al collega e amico Aldo Becce la conoscenza di questi versi di Mak Dizdar (poeta bosniaco, 1917-1971). La citazione proviene dal libro Bon voyage (Nuova Dimensione, Portogruaro 2003) dello scrittore bosniaco Božidar Stanišić].