La consistenza della realtà inventata
Bisogna praticare la curiosità e l’attenzione per guardare sé stessi e il mondo in modo nuovo.
Mi sembra sia questo il succo di quanto ci viene suggerito da Eleonora Sottili nelle pagine bellissime del libro Guardare. Prendersi il mondo con gli occhi, prima di dirlo a parole, di cui ha scritto i testi (gli esercizi sono di Giulia Binando). Il libro fa parte di una collana curata dalla Scuola Holden e pubblicata in collaborazione con il Corriere della Sera.
Percepire in modo nuovo
Leggere questo libro è un’esperienza che riporta ciascun lettore a un nuovo rapporto con sé stesso. Per questa ragione Eleonora Sottili ci propone un cammino letterario che, oltre a essere formativo, diventa anche terapeutico.
Pagina dopo pagina veniamo invitati, e in qualche modo obbligati, a riattivare quella parte percettiva che abbiamo assopito con le nostre abitudini. Guardare vuol dire uscire dall’anestesia percettiva a cui ci consegniamo attraverso gli automatismi e le varie scorciatoie cognitive con cui cerchiamo di scansare le perturbazioni, gli eccessi e le sorprese della vita.
La lezione di scrittura che ci viene offerta è innanzitutto un cammino iniziatico per riconsiderare i presupposti impliciti del nostro modo di essere.
Più volte veniamo esortati a rivedere le cose da un punto di vista inedito e attraverso tanti esercizi veniamo guidati in una sorta di meditazione esplorativa del nostro modo di guardare, ma anche di annusare, assaggiare, toccare e ascoltare.
Prima di applicare le tecniche della narrazione, occorre entrare in un mondo narrativo. E la via più efficace, forse l’unica, è quella del mondo concreto, perché gli universi narrativi hanno la stessa consistenza materica della realtà.
Bisogna riabilitare le nostre facoltà percettive per imparare a narrare. Grazie all’attivazione sensoriale si arriva all’anima dei personaggi: è la via sensoriale-corporea che dà anima ai personaggi. Se non ci fanno passare attraverso la corporeità, le trame narrative non dicono nulla. Quando invece ci fanno “guardare”, anche i dettagli più insignificanti possono dischiudere una storia che cattura e coinvolge fino in fondo.
Vivere la durata
Anche se Guardare non è un libro di psicologia clinica o di psicoanalisi, chiama in causa i movimenti dell’inconscio. Quando impariamo a guardare in modo nuovo possiamo scoprire la vita al di là delle nostre fissazioni sintomatiche e fantasmatiche. Nel libro ci sono diversi esercizi autobiografici che mirano a sollecitare e trasformare i movimenti nascosti dell’inconscio, ossia i presupposti impliciti del modo in cui guardiamo, annusiamo, assaggiamo, tocchiamo e ascoltiamo. E anche gli altri esercizi ci spingono a trovare una risonanza diversa con l’esperienza dell’inconscio.
Non occorre quindi parlare di sintomi o psicopatologia per chiamare in causa l’inconscio della psicoanalisi, basta richiamare l’attenzione su tutti quei filtri percettivi che ostacolano la nostra apertura alla vita.
Le pagine scritte da Eleonora Sottili sono un “canto alla durata”, un invito a vivere quel tempo che non è scandito dalle lancette degli orologi, ma dalla sensazione di eternità che possono dare anche gli eventi più semplici. Sono quegli attimi della vita che in qualche modo fanno trauma perché interrompono la trama abituale del nostro Dasein e proprio per questa ragione diventano, potenzialmente, la sorgente di una nuova trama.
Per qualche spunto in più guarda questo video su i tre tempi della scrittura del caso clinico in psicoanalisi: