Lacan e le tre declinazioni del fallo
Nell’ambito della psicoanalisi lacaniana il fallo è un concetto che subisce diversi aggiornamenti e viene declinato su ogni registro dell’esperienza (Immaginario, Simbolico e Reale).
IL FALLO IMMAGINARIO. Sul piano immaginario il fallo mostra la posizione di un soggetto che fa da tappo alla mancanza dell’Altro. E il destino di questa posizione soggettiva è differente a seconda del fatto che il soggetto abbia una struttura nevrotica, psicotica o perversa o un funzionamento borderline.
Sul piano Immaginario il fallo apre la questione della funzione del “Nome del Padre” e quindi della possibilità di introdurre una dimensione che vada al di là del piano Immaginario della relazione.
Il Nome del Padre introduce il secondo tempo del complesso d'Edipo, che è il tempo dell’interdizione paterna, un’interdizione che si realizza facendo sloggiare il soggetto dalla posizione di fallo immaginario dell’Altro.
La funzione del Nome del Padre è quella di rompere l’alienazione immaginaria del soggetto al ruolo di fallo dell’Altro, ma anche quella di superare la confusione immaginaria del senso perché il Nome del Padre è un Terzo che permette di decodificare l’intenzionalità dei messaggi dell’Altro.
IL SIGNIFICANTE FALLO. Il Nome del Padre, oltre ad avere una funzione di interdizione che fa sloggiare il soggetto dalla posizione immaginaria, svolge anche una funzione di simbolizzazione. Il Nome del Padre introduce infatti la metafora che permette di simbolizzare il desiderio materno.
Sul piano Simbolico Lacan, nel pieno della fase strutturalista del suo insegnamento, considera il fallo come un significante, il significante del desiderio. In questa ottica il fallo sarebbe quel significante in grado di riassumere su di sé gli effetti del significato.
FALLO E FUGA METONIMICA. Se opponiamo la funzione della metafora a quella della metonimia, dato che secondo Lacan la metafora equivale alla condensazione e la metonimia allo spostamento, allora possiamo comprendere perché il fallo può essere considerato come quel significante in grado di condensare la fuga metonimica del desiderio.
Quando il fallo è un significante riesce a fermare la dimensione metonimica del desiderio. E in questo frangente è importante ricordarsi che Lacan definisce il desiderio come la metonimia della mancanza d’essere, cioè come quella spinta incessante che fa scorrere la mancanza sempre in avanti. Se il movimento del desiderio produce una dimensione insatura e rende permanente l’esperienza della mancanza, il significante del fallo invece prova a condensare lo spostamento del desiderio.
LA SIGNIFICAZIONE FALLICA. Nella sua dimensione simbolica il fallo è il significante del desiderio e svolge una funzione metaforica, un funzione che però si rivela del tutto insufficiente nel fare i conti con l’esperienza del Reale. Di fronte al Reale che si fa presente con l’angoscia le potenzialità significanti del fallo risultano del tutto evanescenti, l’angoscia mostra infatti l’insufficienza del significante nel condensare in una rappresentazione l’esperienza del Reale.
Le pretese riassuntive e rappresentative del fallo si infrangono nel confronto con l’esperienza dell’angoscia. È per tal ragione che Lacan, al posto del significante del fallo, inizia a concettualizzare la significazione fallica, che è una significazione di castrazione.
Quindi nel corso dell’insegnamento di Lacan il fallo viene inizialmente considerato sul piano dell’Immaginario, poi come significante nel Simbolico e infine come significazione per tener conto del rapporto con il Reale.
In questo passaggio, che Lacan compie concettualizzando la significazione fallica, avviene il rovesciamento di ogni modello di completezza immaginaria o simbolica che aveva accompagnato il fallo (fallo immaginario e fallo significante). Nel confronto con il Reale il fallo perde la sua presunzione di significante in grado di condensare gli effetti di significato e diventa piuttosto l’indicatore della mancanza.
Oltre al significante del fallo, la metafora paterna produce anche la significazione fallica. Il prodotto finale della metafora paterna consiste nell’indicare la presenza della mancanza. In primo luogo si tratta della mancanza del fallo immaginario, cioè non esiste l’oggetto in grado di colmare la castrazione materna. E in secondo luogo della mancanza di condensazione della fuga metonimica del desiderio, cioè la dimensione del significante è strutturalmente insufficiente nel rappresentare l’esperienza del Reale.
Per qualche spunto in più si veda anche questo video su complesso di Edipo e forclusione del Nome del Padre.