Dissociazione e stati del Sé
Bromberg sostiene che affinché la teoria psicoanalitica possa essere ancora rilevante per la comprensione della mente umana, e anche del processo terapeutico, debba riformulare i concetti che riguardano il conflitto inconscio, l’interpretazione delle resistenze e le fantasie inconsce.
Questi concetti devono essere riformulati alla luce della comprensione degli stati del Sé e della dissociazione.
Bromberg riassume la sua prospettiva affermando che
- gli stati del Sé sono ciò di cui è fatta la mente,
- la dissociazione è quello che la mente fa
- e la relazione fra gli stati del Sé e la dissociazione è ciò che la mente è.
La posta in gioco dello sviluppo psichico secondo Bromberg consiste nella possibilità di costruire un rapporto flessibile tra carattere e cambiamento, cioè rimanere sé stessi nel cambiamento. La coerenza e lo sviluppo del Sé sono espressione proprio di questa possibilità.
La particolarità della prospettiva di Bromberg sta, a mio parere, nel fatto che non considera in modo netto la separazione tra il conscio e l’inconscio, cioè la coscienza e l’inconscio non sono due domini psichici distinti.
Secondo Bromberg esiste un unico, un singolo campo di processi mentali che sono soggetti a rimodellamento non lineare e organizzano le configurazioni degli stati del Sé.
Le configurazioni degli stati del Sé producono delle rappresentazioni di “me” che si avvicendano continuamente.
In questa ottica la dissociazione normale viene considerata come un meccanismo di selezione tra una moltitudine di stati del Sé, vengono cioè scelti alcuni stati del Sé che poi trovano rappresentazione sul palcoscenico della coscienza. Questa selezione avviene sulla base della sicurezza affettiva che per il soggetto risulta immediatamente più adattiva.
Quindi la dissociazione normale consiste nella scelta di un livello del Sé che viene ritenuto più opportuno per preservare la propria continuità in un contesto di cambiamenti che si possono verificare nell’ambiente momento per momento.
Bromberg considera così la possibilità di un uso creativo della dissociazione: la mente seleziona la configurazione di stati del Sé in assoluto più adattiva in un dato momento, senza compromettere il bisogno di salvaguardare la sicurezza affettiva che struttura la responsività della mente agli stimoli nuovi.
Il fulcro del funzionamento mentale consiste quindi in un’interfaccia complessa tra ciò che è vissuto come sufficientemente sicuro e ciò che è potenzialmente traumatico.
A proposito del trauma Bromberg sottolinea quanto sia sottile la linea che permette di disgiungere la sorpresa dal trauma, esiste una sorta di permeabilità del confine tra la dimensione del trauma e quella della sorpresa.
Affinché ci sia cambiamento e sviluppo psichico è necessario che il soggetto si senta al “sicuro, ma non troppo”.
Nell’ottica di Bromberg allora la dissociazione normale diventa patologica quando viene messa in campo come una difesa dal trauma, cioè come un modo per inibire delle prospettive della realtà che risultano potenzialmente perturbanti.
Se sul palco della coscienza sono presenti, nello stesso momento, differenti stati del Sé tra loro incompatibili, allora la mente rischia di non essere in grado di contenere il vissuto generato da questa compresenza e si destabilizza a tal punto da raggiungere una confusione intollerabile o, nei casi più gravi, un vero e proprio disturbo dissociativo dell'identità.