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L’ombra dell’oggetto si manifesta come un’esperienza non articolata dal linguaggio.

L'ombra dell'oggetto e la tuché del transfert

L'ombra dell'oggetto è la registrazione pre-simbolica di un'esperienza affettiva che si ripropone nel transfert

L'ombra dell'oggetto è il marchio pre-simbolico della relazione tra soggetto e Altro.

L'inconscio e l'ascolto psicoanalitico

Nel libro L’ombra dell’oggetto (1987) Christopher Bollas riporta la nostra attenzione sull’ascolto psicoanalitico e, prendendo spunto dalle riflessioni compiute da Paula Heimann dall’inizio degli anni ’50, si chiede: “chi parla” quando il paziente si lascia andare alle libere associazioni?

Non si può soltanto sostenere che “chi parla” è il paziente con cui si è stabilita un’alleanza riguardo al lavoro analitico. Né si può dire che colui che si sta pronunciando sugli stati interni della mente sia un “oratore neutrale”.

Secondo Bollas bisogna superare l’immagine classica del racconto analitico dove c’è un Io che parla del suo mondo interiore. Nella “logica privata dell’associazione sequenziale” è importante cogliere un altro soggetto, potremmo dire quel “soggetto dell’inconscio” che Jacques Lacan – sempre negli anni ’50 – indicava con il termine “le je” per differenziarlo da “le moi” che corrisponde invece all’Io cosciente.

La posizione del soggetto

Seguendo ancora le riflessioni di Paula Heimann, Bollas aggiunge un’altra domanda: “a chi parla” il paziente mentre segue il fluire delle libere associazioni? Anche in questo caso la questione non si risolve constatando che il paziente sta parlando all’analista, infatti è possibile osservare che in alcuni momenti la voce del paziente esprime la posizione soggettiva di un bambino che si rivolge alla madre o quella di un adulto che si rivolge al Sé del bambino dell’infanzia o al Sé di altri periodi che possono riguardare la fase edipica o l’adolescenza.

L’ascolto analitico diventa ancora più complesso se ci si interroga sul contenuto di ciò che il paziente dice e soprattutto se si cerca di cogliere perché ne parli proprio in quel momento.

Le relazioni oggettuali

Nella Scuola psicoanalitica britannica, a partire dall’opera di Melanie Klein, gli analisti si sono dedicati all’ascolto e all’osservazione di quei “rapporti oggettuali impliciti” che emergevano nel discorso del paziente e quindi l’attenzione del clinico veniva rivolta non soltanto agli inciampi e ai suoni dissonanti della punteggiatura inconscia, ma anche alla registrazione affettiva che si ripropone nel transfert.

Secondo la prospettiva della Scuola britannica è importante che l’analista presti attenzione anche al suo controtransfert per cogliere sia la fisionomia dell’Altro a cui il paziente si rivolge sia le diverse posizioni soggettive che si articolano nella vita psichica inconscia.

Nel suo controtransfert l’analista può trovare una sorta di sensore della modalità con cui il paziente cerca di mettersi in rapporto con l’oggetto.

Si tratta di un aspetto peculiare della psicoanalisi postfreudiana che è stato aspramente criticato da Lacan, il quale contrapponeva all’utilizzo del controtransfert l’attenzione verso la catena significante che emergeva nel discorso del paziente. Però se prendiamo in considerazione il fenomeno dell’identificazione proiettiva possiamo accogliere la proposta della Scuola britannica anche secondo una prospettiva lacaniana. Soprattutto nei casi clinici in cui il discorso del paziente è frammentato, i quei casi in cui non si apre il discorso dell’inconscio strutturato con un linguaggio, occorre che il clinico si sintonizzi con quella dimensione soggettiva del paziente anteriore al formarsi della struttura del linguaggio.

Nell’identificazione proiettiva il paziente non ci sta raccontando la trama inconscia che attraversa la sua storia, ma la sta mettendo in atto come pulsazione nel vivo della relazione transferale.

In queste situazioni il transfert non corrisponde a ciò che Lacan indicava con l’attivazione del "soggetto supposto sapere", si tratta semmai della riproposizione della modalità primigenia che il paziente ha sperimentato nella sua relazione con l’oggetto. Sono situazioni cliniche in cui il paziente non è in gioco come un esploratore alla ricerca del sapere inconscio, piuttosto il paziente rivive e ripropone le modalità delle relazioni precoci all’interno della dinamica transferale. Ecco perché la teoria dell’identificazione proiettiva – come sostiene Bollas – permette di “studiare il modo in cui l’analizzando usa l’analista come oggetto nel transfert per far entrare l’analista nella sua mente e obbligarlo a rivivere con lui la natura della sua vita infantile e a esistere affettivamente nel suo mondo oggettuale interno”.

Il sapere dell’inconscio in questo caso si manifesta non attraverso il discorso del paziente, ma nella qualità del rapporto interpersonale che il paziente stabilisce con l’analista. L'analista quindi non viene interrogato come il depositario o l’intermediario di un sapere da scoprire, ma come il recettore delle proprie comunicazioni infantili.

L'ombra dell'oggetto e la vibrazione emotiva 

Oltre al contenuto narrativo presente nel discorso del paziente, occorre contemplare la relazione oggettuale che il paziente ripresenta nell’ambito della dinamica transferale. Questi momenti di impasse della ricerca di sapere, lungi dall’essere solo un inciampo dello sviluppo discorsivo delle libere associazioni, si configurano come un’occasione preziosa per far emergere quella dimensione oggettuale che rimane al di qua della funzione di rappresentazione.

A questo proposito Bollas ricorda quanto per lui sia stato fondamentale lavorare con i bambini autistici, perché con i soggetti autistici il terapista deve essere disposto a farsi usare, cioè deve rimanere recettivo verso tutte quelle manifestazioni non simboliche che tuttavia rappresentano una enunciazione del soggetto.

Il bambino autistico “si installa nell’altro, obbligandolo a vivere il crollo del linguaggio (e della speranza e del desiderio)”.

I bambini autistici hanno insegnato a Bollas a prestare attenzione a quegli elementi non verbali dell’adulto che si presentano al di qua della struttura del linguaggio, elementi che mostrano il modo in cui il soggetto umano registra le sue esperienze iniziali dell’oggetto. È questa “l’ombra dell’oggetto che ricade sull’Io lasciando tracce della sua esistenza nell’adulto”.

Bollas aggiunge che “l’oggetto può gettare la sua ombra senza che il bambino sia in grado di elaborare questo rapporto con rappresentazioni mentali o con il linguaggio”. La dimensione esistentiva dell’ombra dell’oggetto riguarda quindi tutti quei vissuti che non sono ancora saliti sulla giostra del discorso strutturato.

L’ombra dell’oggetto si manifesta come un’esperienza non articolata dal linguaggio, piuttosto fa risuonare la vibrazione emotiva della relazione con l’Altro, quella vibrazione che ha impresso un marchio emotivo che non è mai stato tradotto nel mondo delle rappresentazioni. Si tratta di quella parte di Sé che viene iscritta nella memoria implicita, ma che rimane disconnessa dalla trama degli eventi che il soggetto potrà in seguito ricordare.

L'inconscio e la tuché del transfert

Nel modello psicoanalitico di Lacan l’ombra dell’oggetto si manifesta attraverso il transfert inteso come tuché dell’inconscio, ossia il transfert come sorpresa ma anche come inciampo della catena significante.

Per Lacan il transfert non consiste solo nell’attivazione del soggetto supposto sapere, perché l’inconscio non è solo caratterizzato dall’automatismo della catena significante che emerge dalle libere associazioni.

L’inconscio lacaniano è anche tuché, e la tuché è incontro con il Reale dell’esperienza del soggetto.

Di fronte a questo inciampo della catena significante, l’analista non lavora solo sostenendo l’elaborazione di sapere, ma diventa anche il recettore della dimensione Reale del transfert, ossia quella dimensione che Bollas indica come “ciò che è conosciuto ma non ancora pensato”, un’esperienza vissuta ma non ancora articolata dalla struttura linguistica dell’inconscio

 
Per qualche spunto in più guarda questo video sul transfert come soggetto supposto sapere e pulsazione dell'inconscio:

 

transfert soggetto supposto sapere

 
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Nicolò Terminio, psicoterapeuta e dottore di ricerca, lavora come psicoanalista a Torino.
La pratica psicoanalitica di Nicolò è caratterizzata dal confronto costante con la ricerca scientifica più aggiornata.
Allo stesso tempo dedica una particolare attenzione alla dimensione creativa del soggetto.
I suoi ambiti clinici e di ricerca riguardano la cura dei nuovi sintomi (ansia, attacchi di panico e depressione; anoressia, bulimia e obesità; gioco d’azzardo patologico e nuove dipendenze) e in particolare la clinica borderline.

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