La paranoia è una declinazione della struttura psicotica dove diventa prevalente il rapporto immaginario con gli altri. Nella psicosi paranoica la parte più pulsionale e oscura del soggetto viene proiettata sull'Altro. Il paranoico si percepisce quindi come un soggetto integro e senza crepe interne. Ciò che c'è di pulsionale viene sperimentato soltanto come qualcosa che proviene dall'Altro.
Scrivere la propria autobiografia è un esercizio che si scontra con il muro del linguaggio e l'inafferrabilità del tempo. Questo muro e questa inafferrabilità sono l'impasto esistenziale che dà corpo all'esperienza del desiderio inconscio.
Il libro Cosa si fa quando si fa filosofia? di Rossella Fabbrichesi è scritto “per tutti e per nessuno” e così anche chi non ha dedicato la propria vita alla vocazione filosofica può rintracciarvi alcuni elementi decisivi per la propria pratica. La filosofia viene infatti presentata come un sapere vivente che trova la propria specificità nel suo farsi, nel suo prendere corpo in una serie di pratiche che trasformano il sapere in opera viva.
Nella mia pratica clinica trovo frequentemente la necessità di un trattamento preliminare dei sintomi affinché possano diventare messaggeri della verità dell’inconscio. La classica nevrosi freudiana non è molto frequente e quando la si incontra si configura più come un risultato della cura che come un dato di partenza.
La dissociazione e l’estasi mistica sono due esperienze in cui avviene una estraneazione dalla coscienza abituale di sé stessi. In entrambi i casi il soggetto fa esperienza di un distacco dal proprio Io cosciente.
CAMPO ISTITUZIONALE E LAVORO D'ÉQUIPE
Struttura e flessibilità sono due parole chiave che definiscono il campo istituzionale e il lavoro di équipe nei servizi di cura.
Il trauma evidenzia l’impatto che gli avvenimenti della vita possono svolgere nello sviluppo dell’identità e nell’origine dei fenomeni psicopatologici. Il trauma rappresenta l’alterazione e la disarmonia sempre possibile tra il soggetto e il suo mondo (affettivo, relazionale, fisico, ecc.). Quando il soggetto vive l’esperienza del trauma sente di non avere via di scampo: un evento diventa traumatico perché viene azzerata la possibilità per il soggetto di prendere una posizione rispetto all’evento stesso.
Nella psicoanalisi lacaniana la forclusione del Nome del Padre indica il mancato compimento del complesso di Edipo ed mostra l’assenza di un punto di capitone nello scorrimento del piano del significante su quello del significato.
La forclusione del Nome del Padre di cui parla Lacan indica il meccanismo psicopatologico delle psicosi e mostra il mancato compimento del complesso di Edipo.
Cercando di rispondere alla domanda “perché si scrive?” è possibile rintracciare un’analogia tra psicoanalisi e scrittura autobiografica.
Intuitivamente il parallelo tra psicoanalisi e autobiografia verrebbe suggerito dall’importanza data alla storia del soggetto.
Nella prospettiva fenomenologico-dinamica la coscienza può essere definita come una “vulnerabile regia dell’esserci” (G. Stanghellini, M. Rossi Monti, Psicologia del patologico. Una prospettiva fenomenologico-dinamica, p. 316).
Gli attacchi di panico mostrano lo straripamento del Reale e vengono vissuti dal soggetto come un fulmine a ciel sereno che in modo imprevedibile fa emergere la vita fuori da qualsiasi rappresentazione e da qualsiasi limite.
Nella psicopatologia classica il “sentimento di estraneità” (BEfremdung) che un clinico prova di fronte all’“estraneazione” (ENTfremdung) del paziente è stato il criterio con cui definire l’incomprensibilità della psicosi.
La vera soggettivazione non è soltanto la narrazione della propria vita, ma il recupero di un rapporto generativo con quel movimento della vita che ci scrive. “Noi siamo scritti dal silenzio”, ci ricorda Duccio Demetrio.
Senza un lavoro autobiografico il grido della vita sarebbe rimasto relegato alla dimensione del trauma, un trauma senza senso e senza trama.
Marsha Linehan e Otto Kernberg sono due autori fondamentali per chiunque si accosti allo studio del disturbo borderline di personalità.
Un’autobiografia diventa efficace – per chi la scrive, e forse anche per chi la legge – soltanto se riesce a scriversi come traccia del grido della vita.
L'erranza del desiderio inconscio ci conduce al di là degli scenari che possiamo raffigurarci con la nostra immaginazione cosciente.
La sessualità degli esseri umani è diversa da quella degli animali e non è orientata soltanto da una logica istintuale. Tra i diversi fattori che contraddistinguono la sessualità umana troviamo la dimensione del fantasma.
Le coppie si sfaldano, anche i matrimoni che durano da vent’anni, quando ci si dimentica che si è in tre: ci sei tu, ci sono io e c’è il nostro legame.
Il fantasma inconscio condiziona il giudizio che possiamo formulare su una situazione di cui veniamo a conoscenza. È un processo psicologico inevitabile, bisogna però precisare che il nostro giudizio può aspirare a diversi gradi di accuratezza.
Nel corso di una psicoterapia sono soprattutto le narrazioni dei pazienti borderline che mostrano quanto possa essere poco efficace raccontare la propria vita. Se prima non si cambia il proprio rapporto con il linguaggio, la narrazione di sé rischia addirittura di allontanare dalla propria verità.
Un leader diventa un impostore quando il suo discorso viene totalmente assorbito dal desiderio di controllo e padronanza della vita.
Alla base della Dialectical Behaviour Therapy (DBT) troviamo l’idea che il borderline non ha le abilità necessarie per regolare le emozioni, emozioni che vive come uno sciame di vissuti da cui si sente sopraffatto.
L’effetto sociale e politico generato dall’esperienza clinica di Basaglia non avrebbe potuto esserci senza l’intreccio del suo ruolo clinico con quello di mediatore culturale.
Nel pensiero clinico di Corrado Pontalti viene data molta importanza alla scelta di un setting che sia in grado di configurare le condizioni di possibilità affinché il processo simbolopoietico possa essere favorito.
In diversi passaggi teorici sulle coordinate dell’incontro clinico Corrado Pontalti intende valorizzare un modello concettuale che sia in grado di pensare e articolare la “fondazione intrapsichica” (il soggetto) e la “fondazione comunitaria” (l’Altro) del senso di Sé.
Come ben sottolinea Corrado Pontalti, lo “stile” e la “persona” del terapeuta sono degli elementi ineludibili nella conduzione della cura e nella valutazione di ogni relazione che cura.
Classicamente nell'orientamento psicoanalitico il sintomo nevrotico viene inteso come espressione di un conflitto che deve essere superato per poter vivere lo slancio del desiderio.
La pratica psicoanalitica di Nicolò è caratterizzata dal confronto costante con la ricerca scientifica più aggiornata.
Allo stesso tempo dedica una particolare attenzione alla dimensione creativa del soggetto.I suoi ambiti clinici e di ricerca riguardano la cura dei nuovi sintomi (ansia, attacchi di panico e depressione; anoressia, bulimia e obesità; gioco d’azzardo patologico e nuove dipendenze) e in particolare la clinica borderline.